La commedia è servita, anche stavolta, con l'impeccabile alibi del prodotto formato famiglia a posto con la coscienza che si contrappone, come in una crociata, a quello alterato da volgarità, turbato da contaminazioni televisive. A suo modo "Benvenuti al Nord" finge di chiudere un ciclo che nell'arco di due anni (e non è finita qui) ci ha costretti ad assistere al proliferare di un cinema inflazionato da risate a comando, programmato sulla base delle richieste di mercato, ma che di fatto ha tenuto in vita un'industria cinematografica nostrana, sempre più sotto l'oscura minaccia dell'invasione straniera. E' ovvio che questo prevedibile seguito va accolto come un atto dovuto e quindi necessario per battere un ferro caldo e cavalcare un'onda favorevole. Tuttavia il meccanismo ripetuto di un'Italia divisa da tradizioni e fissazioni, ma riunita sotto lo stesso cielo dalla fratellanza e da comuni affanni, appare logoro e sbiadito. Il film precedente che già tradiva i contrasti linguistici del francese "Giù al nord" di Dany Boon (uno dei più clamorosi ed inaspettati successi europei degli ultimi anni), mostrava limiti strutturali e trovate non proprio all'altezza della sofisticata rappresentazione transalpina. Luca Miniero si limita solamente a ribaltare i ruoli e a invertire le ambientazioni: nel primo film un rigido e determinato dirigente postale brianzolo mandato per punizione in una filiale squattrinata e disorganizzata del profondo sud, qui un calmo e postino napoletano che tenta di fare carriera in una Milano inospitale e nebbiosa. Entrambi con problemi sentimentali e con le rispettive compagne infelici, deluse dai loro intoppi professionali. E così la trasferta lombarda con conseguenti problemi di ambientazione di Mattia (Alessandro Siani), l'indolente postino meridionale, diventa occasione ideale per mettere a nudo il malessere derivante dalla precisione, dall'attaccamento al lavoro come unica ragione di vita, dalla mancanza di calore nei rapporti interpersonali. Fortunatamente il film di Miniero non sconfina nella sociologia. Le trovate, alcune supportate da intermezzi fumettistici, pescano alla rinfusa dal cinema del passato. Le lezioni di "lumbard" in macchina richiamano pari pari quelle che il povero cabarettista Giorgio Porcaro sopportava in "Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi" di Mariano Laurenti per potersi integrare in terra nemica. Fra ammiccamenti, incomprensioni verbali e sbarchi in stazione alla Totò e Peppino, il film tiene a bada una platea che probabilmente non sente la necessità di distinguere il cinema dalla televisione. Claudio Bisio resta un bravo attore, ma si ha davvero l'impressione che il richiamo della moneta lo tenga lontano da propositi più coraggiosi, Alessandro Siani continua invece la sua fastidiosa emulazione di Massimo Troisi fra poca grazia e tanta disgrazia. Paolo Rossi, disinvolto a teatro e sfortunato al cinema, ritrae un antipatico capoufficio da operetta, assai somigliante ad un noto politico, che se la svigna in elicottero. Doppio ruolo per la Finocchiaro: moglie petulante e suocera-sciùra insopportabile. Finale buonista alla Capra. Non il regista, ma il quadrupede.
Cinema Impero, Trani - 21 Gennaio 2012 (Barisera) |