L'immaginetta di Steno, al secolo Stefano Vanzina, commediante gentile, va sempre spolverata e accarezzata quando tornano all'opera Carlo ed Enrico, figli d'arte, artigiani tenaci ed imperturbabili, fedeli ad un cinema che per rinnovarsi davvero farebbe meglio a non dimenticare le sue origini. E così in tempi di crisi i due fratelli uniscono le forze per un film ad episodi intrecciati dove come nel precedente "La vita è una cosa meravigliosa", si torna a parlare dell'Italia di oggi, nell'arco di una lunga giornata nel belpaese. Christian De Sica, principe celibe in disgrazia, oberato da debiti, ma rincuorato da abitudini e dall'etichetta sbarca il lunario imbucandosi nelle feste, raggranellando soldi dalla gente comune, fra illusioni e solitudine. Lino Banfi, senatore disonesto preoccupato dalla richiesta di mettere in discussioni ai voti la sua immunità, che si realizzerebbe in un procedimento d'arresto, fa la conta dei votanti della maggioranza fra una sventura e l'altra (un suo alleato finisce secco fra le braccia di un trans). Maurizio Mattioli, palazzinaro evasore, traffichino ed arraffone, deve fingersi povero per non finire nelle maglie del fisco. Teresa Mannino, donna in carriera siciliana, con la mania dell'elettronica perde la sua identità quando lascia i suoi effetti personali sul treno. Diego Abatantuono, milanese emigrato in Puglia, non gode della stima dei figli ed è un peccato perchè anche sul lavoro le cose girano male. C'è poi Vincenzo Salemme, notaio napoletano, vittima (anche in famiglia) di ricatti per coprire le tracce di un adulterio mai consumato. Paolo Conticini, infine, tifoso sfegatato della Fiorentina, pur di vincere in trasferta a Verona cerca di rivivere scaramanticamente tutte le situazioni della vittoria precedente, compreso il tradimento della sua ragazza impegnata con un amante occasionale in camera d'albergo mentre lui soffre sugli spalti del Bentegodi. Tutti uniti in allegria per un gran finale in una celebre trasmissione televisiva serale: il nostro paese, in fondo, e Flaiano lo aveva predetto in tempi non sospetti, continua ad essere regolato da un telecomando.
La struttura episodica, ravvivata dal montaggio frizzante e allegro del fedele Raimondo Crociani, cerca di assestare alla meglio un bilancio generale non proprio esaltante, fornito dal valore individuale dei singoli frammenti dall'andamento discontinuo. Ma in questo ammirevole sforzo dei Vanzina di stare al passo con i tempi e di mettere in luce vizi e difetti degli italiani vittime della crisi (economica e mentale), si ha la sensazione di aver già visto tutto in occasioni precedenti. Nonostante tutto però grazie all'esperienza del volenteroso Carlo (che fra poco taglierà il traguardo dei sessanta film da regista, un record) "Buona giornata" riesce ad assicurare allo spettatore quattro risate, alcune davvero grasse, tenendo a bada la trivialità. Mattioli e De Sica dominano la scena, si rivede un Banfi scatenato ma affaticato e la collaudata coppia Salemme/D'Aquino tiene alta la bandiera della commedia napoletana classica con numeri di vecchia scuola. Diego Abatantuono, appesantito e talvolta svogliato, porta il mirino in Puglia facendo l'emigrante al contrario, fra epiteti coloriti che noi del posto riusciamo ad afferrare al primo colpo senza obbligo di sottotitoli. Ma se vogliamo parlare di commedia intenzionale, stiamo sulla strada giusta. Rispetto al proliferare nell'oscurità di prodotti dilettanteschi e avvilenti che cavalcano il successo del prodotto disimpegnato, senza lasciare alcun segno, qui il buongiorno si vede davvero dal mattino.
Cinema Impero, Trani - 31 Marzo 2012 (Barisera) |