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21.04.2012

13° FESTIVAL DEL CINEMA EUROPEO DI LECCE - I PREMI E LE MOTIVAZIONI

Si è conclusa a Lecce la tredicesima edizione, quest'anno particolarmente ricca e significativa, del festival del cinema europeo. Fra gli ospiti internazionali: Terry Gilliam (che ha presentato il corto "Wholly family") e Emir Kusturica (testimone di un bellissimo libro fotografico sul suo cinema, celebrato con una retrospettiva) hanno registrato una calorosa accoglienza di stampa e pubblico. Quest'anno il programma del festival prevedeva anche tributi a Ken Russell e Sergio Castellitto, al quale è stato dedicato il libro curato da Enrico Magrelli "Sergio Castellitto, senza arte ne parte" (ediz.Rubettino).

31.07.2011 - 18.08.2011

Sinfonie di Cinema 2011 – LA COMMEDIA NEL CINEMA ITALIANO

Anche quest’anno torna a Montefiore dell’Aso (AP) la magica atmosfera del festival “Sinfonie di cinema”.

HOTEL COURBET

Regia: Tinto Brass

Interpreti: Caterina Varzi, Vincenzo Varzi, Alberto Petrolini

Durata: 18'

Nazionalità: Italia 2009

Genere: corto

Stagione: 2009-2010

Tinto Brass e l’origine del mondo, stando alle intenzioni di un titolo che omaggia Gustave Courbet mediante la riproduzione perfetta di una “natura viva", attraverso il corpo statico di donna a gambe divaricate après l'amour, perfettamente in asse con la rigida postura pittorica della celebre tela. Un Brass diverso, più sostanziale, meno formale, che incrocia anche stavolta realtà ed immaginazione. La vestizione rituale di una donna sola, intrappolata nel rimpianto di un addio, è funestata dal ricordo di un amante che ha sbattuto la porta, lasciando alle spalle l’assordante rumore dell’abbandono. E così trucchi, belletti, abiti vertiginosi e specchiere non fanno che riflettere un’inquietudine celata dietro un’apparente felicità. Il ricordo di una notte d’amore parigina riaccende quella passionalità delusa e affranta. Lei continua a truccarsi, mentre in sottofondo parte “Come un Pierrot” di Patty Pravo. La ritroviamo subito dopo con il volto triste e malinconico di un clown che piange sbavando il make-up, omaggio stavolta diretto alla bellissima Tina Aumont in fuga dalle costrizioni de “L’urlo” (1968). La donna si abbandona ad un autoerotismo catartico sotto gli sguardi interessati di un estraneo entrato casualmente nella stanza per rubare,  rapito da sconvolgente visione, che gli ritarda il misfatto. Ma poi si ravvede e infila nel suo bottino una cornice troppo importante per finire nelle mani sbagliate. Finale a sorpresa con il regista colto da un fulminante controcampo che accompagna la leggiadra coreografia dell’immancabile sigaro citando appunto un commento di Picasso all’opera di Courbet: “L’arte non è mai casta, se lo è non è arte!”

La definisce “musa ermeneutica”. In realtà nella generosità, nella dolcezza e nella straordinaria capacità di coniugare peccato e innocenza, la brava Caterina Varzi incarna pienamente con naturalezza il ruolo di nuova e diversa “eroina” femminile dell'universo di Brass. Non più mossa da un’ideale complicità sessuale, ma spinta dalla necessità di amare, dall’importanza di consolidare una relazione con la dedizione. Mai in un suo lavoro, soprattutto in questa insolita dimensione corta, il grande cineasta veneziano si era soffermato così a lungo sull’importanza dell’amore, che qui addirittura si erge a nuova forma di “trasgressione” rimasta. Diremmo quasi che l'amore è una fonte primaria che contribuisce al suo ritorno alle origini, con un erotismo epurato dalla compiacenza e dall'assonanza col pubblico. Brass, in fondo, stavolta saluta timidamente il noleggio, abbandona il rituale gioco delle parti. Le fasi della vestizione e del ricordo vengono surclassate dalla lunga sequenza onanistica commentata dalla metrica rock di Gianna Nannini, nei quali si respira la stessa essenza liberatoria della donna dei suoi primi film (penso a “Nerosubianco” con Anita Sanders che vagava nel cuore di Londra). Veicolo essenziale che consente all’autore di chiudere i conti con un mondo femminile del passato al quale mai si era rivolto con simile comprensione e discrezione. Gli interni corredati dai suoi soliti stilemi (specchiere, ovali, distensivi muri azzurri che rimandano alla "camera azzurra" di Simenon) ci ricordano che la calligrafia, per nulla stravolta dal cambiamento, non è mutata di una virgola, anzi si spinge oltre col beneficio della licenza della purezza. Ma è abbastanza evidente che qualcosa è cambiato. Il sesso staccato dall’amore non sopravvive. Qui la protagonista, tormentata dai ricordi del passato, prima di godere per rabbia, comincia a piangere. Per un profondo ed abile conoscitore dell’animo femminile, il coraggio sostanzialmente sta proprio nell’aver finalmente ammesso le ragioni del cuore, le esigenze della testa. Nell'aver interpretato insomma gli umori e i malesseri nascosti in un territorio esplorato fino ad ora con la giocosità e con beffardo distacco, che qui non può fare a meno di confrontarsi con una realtà opposta. Più intima e complessa, ma non per lui, esteta e poeta dell'erotismo senza infingimenti, che l'ha sempre conosciuta a fondo.

 
Circolo del Cinema "Dino Risi" - 25 Maggio 2012
Voto:     3 / 5
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