Infiammato dall'adrenalina di incallito rapinatore di banche, Mel Gibson entra in scena dopo pochi istanti, mentre al volante di un'auto in corsa cerca di sfuggire a tutto gas alle pattuglie coinvolte in uno spettacolare inseguimento. Butta giù il recinto di frontiera e si ritrova in Messico, accolto senza troppe cortesie in una prigione-ghetto con i detenuti che vivono con le loro famiglie in una sorta di agghiacciante e pericolosissimo villaggio. Il paradiso, ovviamente, non è qui ma il mefistofelico Mel comincia a mettere a frutto la sua intraprendenza applicando a suo favore i metodi non proprio ortodossi della convivenza fra subumani. Prende a cuore la situazione di un ragazzino di dieci anni, predestinato, come il suo sfortunato genitore, a donare in vita il suo fegato ad un criminale prepotente che detta legge e regola le sorti del paese-prigione. E qui il film comincia a prendere strani sviluppi, con risvolti che fra ironia e disperazione scherzano più del dovuto con i canoni grotteschi del noir. La storia insomma diventa una strana ed anomala commedia carceraria dove in una sorta di "grande fratello" criminale, i prigionieri si divertono ad interagire su una scacchiera affilata come una lama di rasoio. Mel continuerà la sua opera di canaglia protettiva, frapponendosi nella guerra fra bande degli sciacalli e dei poliziotti corrotti che mirano soltanto a mettere le mani sul suo bottino, applicando gli articoli speciali del suo codice di giustiziere della strada ai nemici trasformati in birilli.
Scritto e prodotto dallo stesso attore protagonista, "Viaggio in paradiso" (davvero fuorviante il titolo italiano) sembra un prodotto a medio budget dove si fa di necessità virtù, in barba alla legittimità e alla funzionalità della storia. La pellicola attraversa numerosi registri, dall'action movie al noir chandleriano, non disdegnando i fili rosa della commedia fracassona. Una tediosa voce fuori campo non fa che complicare le cose. E' un cattivo segno, insomma, espediente terribile con cui si cerca di garantire ritmo ad una sceneggiatura piuttosto statica e prevedibile. Un Mel Gibson stranamente convinto ed in piena forma gioca al massacro per difendere i diritti di un ragazzino messicano, provato dalla sventura. I pochi esempi di umanità credibile non contribuiscono, tuttavia, a rendere digeribile un accumulo di goffa violenza, di importazione tarantiniana con duelli improbabili, caroselli di fumanti pallottole al ralenty e acrobazie da cartone animato. Più che il divertimento vince la noia ed è un peccato perchè da un punto di vista generazionale personaggi come Gibson rappresentano comunque una classicità, un sicuro marchio di fabbrica in un contesto sempre più deprimente e inflazionato come il gangster movie videoclippato. Da un punto di vista tecnico, invece, il responsabile Adrian Grunberg risulta ispirato e convincente. E alcune trovate azzeccate (l'attentato al criminale Peter Stormare nel palazzo di vetro di un magnate delle esportazioni) dimostrano che oliando a dovere alcuni meccanismi ad orologeria l'ironia, alla lunga, trionfa sempre sul fracasso.
Cinema Impero, Trani - 2 Giugno 2012 (Barisera) |