Occhiali a specchio e cappellaccio da texano, pedone nero dall'altra parte della scacchiera, come Budd, il fratello sadico di "Kill Bill" impersonato da Michael Madsen che però lo indossava bianco, Joe Cooper (Matthew McCoughney), detto "Killer Joe" è un tipo interessante al quale lo stipendio da poliziotto non basta per pagarsi i vizi. Ed allora è costretto a fare il sicario part time, portando a termine lavori sporchi con una determinazione da far paura. Inevitabilmente risponde alla chiamata di Chris (Emile Hirsch), ragazzo casinista sballottato fra madre fantasma e matrigna ninfomane (Gina Gershon), sprofondato nell'abisso dei debiti per pagarsi la droga, al quale viene una idea degna d'una tragedia classica: far ammazzare la madre, intascare la polizza, pagare il lavoro del killer e con la somma restante tirare una boccata d'ossigeno. In questo turpe disegno criminoso ovviamente coinvolge il padre Ansel (Thomas Haden Church) e, senza volerlo, la sorellina Dottie (Juno Temple), che viene chiesta addirittura dal viscido Joe come "anticipo" per cominciare il suo lavoro. Quando arriverà il momento di saldare il conto gli eventi prenderanno pieghe brutte ed impreviste, con l'ormai micidiale progetto di morte escogitato dal violento ed orgoglioso Joe, partito in automatico con effetti irrevocabili. E con sviluppi molto a sorpresa ed un finale che colpisce lo stomaco ed accarezza il cuore nel breve lasso di tempo nel quale alla genialità è consentito esprimersi.
Presentato nel 2011 in concorso a Venezia e successivamente a Toronto, "Killer Joe" ci catapulta nel cuore del cinema virtuoso e carico di eccessi di William Friedkin che torna, se vogliamo alle massime libertà di "Cruising", con un noir scanzonato ed irriverente che si fa fatica a collocare. Hanno fatto male, anzi malissimo, dimostrando pochezza di fantasia, gli addetti all'inventario ad azzardare accostamenti avventati con lo stile tarantiniano. Friedkin viaggia su corsie preferenziali, volando altissimo, proponendo un cinema con coraggiose soluzioni narrative d'antica derivazione. Il regista americano ultrasettantenne si diverte a mettere a nudo il decadimento e l'immoralità della famiglia americana moderna, senza velleità da inquisitore ma con un tono irridente e beffardo che lava i panni sporchi, nel vero senso del termine, nella dimensione artefatta delle soap. In "Killer Joe" si respira una fumosa aria anarchica che azzarda scelte liberatorie e gioca con la pazienza dello spettatore, intrappolandolo in trovate visite davvero originali. Un film che non rinuncia al suo impianto teatrale, trasponendo sul grande schermo la piece del premio Pulitzer Tracy Letts, alla sua seconda esperienza con Friedkin dopo "Bug", realizzato cinque anni fa. Affiatatissimo il cast, dominato da Matthew McConaughey, cowboy perseguitato dalla maledizione dei soldi, pervaso da una malsanità di fondo, da una cattiveria burlona destinata prima o poi ad esplodere. E nella storia delle sequenze memorabili, la simulazione della fellatio al pollo fritto, scala la top ten, con il suo carico di oscenità addolcito da una surreale dimensione di grottesca favola nera. Imperdibile per gli appassionati, accattivante per i profani. E' un appuntamento con mister Friedkin, di conseguenza qualcosa che ha molto a che fare con il grande cinema.
Sala Darsena, Lido di Venezia - 8 Settembre 2011
Uci Cinemas, Molfetta - 14 Ottobre 2012 (Barisera) |