Caro Sergio,
avevo un appuntamento con Noodles e non lo sapevo. Forse devo ringraziare chi me lo ha ricordato, ma ho davvero rischiato di non esserci. Alla fine comunque sono salito nell'ultimo posto di una vagone in viaggio per soli quattro giorni per fare qualcosa che non dimenticherò mai. Io non so fino a che punto appartenga allo spettatore il diritto di rivolgersi all'artefice massimo delle emozioni che ha appena provato e custodito; non riesco a capire, insomma, la barriera che separa questi due ruoli apparentemente distanti: chi disegna meraviglie e chi comodamente può solo starsene in silenzio a fabbricare stupore e ricordi. Ma una recensione in forma di lettera è la prima cosa che mi è venuta in mente dopo essermi fatto cullare, per la settima o ottava volta, dalla tua sinfonia per immagini, che in trent'anni non avevo mai avuto il privilegio di vedere al cinema ("troppo lungo, non ce la faresti" disse mio padre che all'epoca vide il primo dei due spettacoli). Investito da una magnificenza che cattura puntualmente i sensi, mi accorgo che le luci da poco riaccese in sala non fanno che accentuare una triste consapevolezza: e cioè che il tuo resta, indubbiamente, l'ultimo capolavoro nella storia del grande cinema italiano. E che da allora ci tocca solo confrontarci con dei comunissimi e dignitosi film. E la sento abbassare quella maledetta serranda sul mondo magico che è stato per anni il tuo regno. Una trilogia del tempo chiusa a tredici anni di distanza, un lavoro colossale ed epocale su un testo che ti era stato predestinato già dal 1952, nel quale ho ritrovato (non dirò dove) fra le rispettive paternità, anche la mano dolce e pesante di Kim. E queste sequenze aggiunte che non renderanno mai giustizia al primissimo montaggio che avevi in mente, nè allo scempio fatto da Milchan per la sciagurata versione americana, non fanno che aprire nuovamente le smisurate possibilità narrative del tuo grande affresco; sono rimasto estasiato ma ulteriormente incuriosito dalle cose girate e rimaste fuori, che consegno alle cavalcate della mia immaginazione. C'era il tutto esaurito ieri sera, gente assiepata anche fuori dai posti assegnati che si lasciava folgorare da un Cinema, al quale si era forse un pò disabituata. Una discrezione palpabilissima ma anche una fame di "visioni", più o meno simile alla grande attesa che si respirava alle anteprime al Supercinema di via De Petris. Un amore nella raccolta di queste immagini che hanno legato le lacrime della nostalgia a quelle della felicità. Meraviglioso ed ineccepibile il lavoro di restauro, nonostante gli sbalzi con i positivi tenuti via. Le sequenze di raccordo e la bellissima significativa rappresentazione teatrale di Deborah che anticipa di poco la resa dei conti finale fra Noodles e Max... Credo che nessuno, e non parlo solo del nostro cinema, ha mai inquadrato in termini così viscerali e sanguigni il rapporto d'amicizia, la complicità virile. Nell'ultimo capitolo della trilogia del tempo a colpi di epica e di maestosità rappresentativa ho colto i segni delle piccole debolezze: amicizie d'infanzia osteggiate da amori invadenti. Una misoginia, tessuta dalle trame oscure esistenziali dei gangster, pervase dalla logica del possesso, dall'impossibilità insomma di affidare lo strumento della vita a quella dolcezza che resta patrimonio esclusivo delle persone comuni. Anime in pena con addosso le oscure ombre di un passato. E la tua grande, immensa, incommensurabile lezione di cinema che passa attraverso le varie stazioni dell'immaginario: Noodles che scopre l'amore da una feritoia, lasciandosi incantare dai pazzi di danza della piccola Deborah; la morte al ralenty di Dominik; l'agguato a Joe freddato con un lampo di pallottola: il sofisticato e divertente carosello nel reparto maternità; la dichiarazione di amore nel ristorante sul mare con trenta tavoli apparecchiati per due; l'amore rivendicato e rubato con la violenza sui sedili posteriori di una macchina. Grazie per aver consegnato alla memoria eterna un'opera che parla al cuore e che accarezza l'anima. Questo è un cinema destinato a sfidare il tempo, a lasciare l'impronta della sua grandezza. "Nessuno ti amerà mai come ti ho amato io". E questa è una frase tua.
The Space Cinema - Casamassima, 21 Ottobre 2012 |