Sfregia addirittura il titolo di un celebre film di Roberto Rossellini, questo "Viva l'Italia" diretto da Massimiliano Bruno. Circostanza matematica, inevitabile dato l'inatteso successo commerciale di "Nessuno mi può giudicare" che metteva in burla la "bella vita" in tempi di crisi, accendendo i fari sul mondo delle squillo. In questa pellicola, diciamo così, l'oggetto di indagine si allarga. Con velleità sociologiche e moralistiche, Bruno mette a nudo le ipocrisie della cattiva politica e del malcostume da essa derivante. Ma attenti a non mescolare le razze, tirando in ballo la classica commedia all'italiana voluta dai nostri padri. Le realizzazioni di Bruno sono furbette, ben ponderate, con un calcolo preciso dell'effetto: i requisiti della commedia populista, insomma. Michele Placido è un esponente di partito che predica bene e razzola male. Nei comizi porta avanti i valori dell'onestà e della famiglia e invece nella vita privata prende mazzette, raccomanda i figli incapaci e se la spassa con le ragazzine. Quando durante una performance ci resta secco e si riprende, viene colto da una strana sindrome che lo porta a dire sempre la verità e a sputare sentenze. Succede il finimondo. I suoi familiari cominciano ad interessarsi a lui e a capire che tutto il mondo che ruota intorno a loro non è altro che il frutto di anni di carriera sulle poltrone da parlamentare. La voglia di riscatto incombe e ciascuno riuscirà a prendersi la dovuta rivincita, tornando ad esprimere una legittima capacità a fare a meno di spintarelle e favoritismi.
Combattuto fra atroci e indicibili volgarità, una satira politica infarcita di luoghi comuni e situazioni da sit-com, "Viva l'Italia" sembra fatto apposta per un pubblico abituato a vedere la televisione al cinema, sfamato da risate grasse e da qualche spunto di riflessione da scuola materna. Va segnalata ancora una volta l'incapacità da parte di questi giovani sceneggiatori di mettere in scena situazioni credibili, di rappresentare cioè una realtà che possa non ritrovarsi inquinata da insulse macchiette e da colpetti di estrema trivialità. Il pistolotto finale, raccordato da un Massimiliano Bruno che recita un monologo (!), poco fine dicitore di una costituzione italiana obsoleta, accontenta insomma un pubblico dalle poche pretese alla ricerca di gargarismi per sistemarsi la coscienza. Il tentativo di stare al passo con i tempi bui, viene insomma compromesso da siparietti raggelanti, da una comicità di bassa lega, il più delle volte spiazzante ed avvilente. Un Michele Placido, mattatore scatenato, nei panni di un politico sulla via della redenzione si diverte a dominare la scena, coinvolgendo nell'operazione poco riuscita una truppa abbastanza nutrita di buoni attori professionisti: Alessandro Gassman, Imma Piro e Rocco Papaleo. Gli accostamenti con Monicelli e Risi, che qualcuno si è lasciato incautamente sfuggire, aggiungono benzina sul fuoco del vilipendio al cinema di stato. Avevamo Cicero e Carnimeo e non li abbiamo apprezzati. Perchè dovremmo farlo con Massimiliano Bruno e per giunta già al secondo film?
Cinema Impero, Trani - 27 Ottobre 2012 |