Stavolta l'accostamento tarantiniano ci sta tutto. Martin McDonagh, che già qualche anno fa col precedente "In Bruges" ci aveva regalato un buon esempio di commedia nera, torna alla carica con un altro film volutamente scanzonato e fuori dagli schermi. Tentativi curiosi ed originali di esorcizzare con la risata isterica le improbabili evoluzioni narrative. Nei suoi film tutto è affidato al caso, allo spettatore non è mai dato di sapere cosa possa di fatto accadere sullo schermo e le scelte coraggiose ai limiti dell'immaginabile possono dar sfogo a soluzioni inaspettate, ma divertenti: tipo la morte improvvisa dell'attore protagonista, ad esempio. Sulla scia di "Reservoir dogs" dello stesso Tarantino, il buon McDonagh infatti introduce i suoi bizzarri personaggi con una casuale cadenza progressiva (e numerica). I 7 psicopatici non sono altro che i protagonisti di un copione che lo sceneggiatore Marty (Colin Farrell) ha venduto agli studios di Hollywood sulla fiducia. Un serial killer che uccide i cattivi lasciando un fante di quadri sui cadaveri, un vietcong travestito da prete che vuole vendicarsi ai danni di una squillo americana, un gangster schizzato (Woody Harrelson) che non ha occhi e cuore che per il suo piccolo Shitzu, un misterioso uomo (Tom Waits) con capelli ricci e rossi che appare sulla panchina accarezzando un coniglio, una coppia di lestofanti traffichini che ruba cani nei parchi per poi restituirli in cambio della ricompensa ed altro ancora...
Nella storia ovviamente realtà e immaginazione si fondono, scrittura e sogno si danno appuntamento spiazzando lo spettatore con situazioni goffe ed assurde. E il lavoro di Martin McDonagh assume i contorni di una matrioska da aprire con frenesia (esilarante la gag che alla stessa si riferisce) o finisce per l'adeguarsi comodamente ad un meccanismo classico tipico delle scatole cinesi: film nel film nel film... Ad una prima parte sfrenata, eccessiva con connotazioni che di fatto sfiorano l'impeccabilità, ne segue una seconda molto più lenta e piatta. Il film insomma parte ad altissima velocità e rallenta nell'accumulo di finali nello "Zabriskie point" individuato da McDonagh nel parco californiano Joshua Tree che diventa il crocevia ideale per la resa dei conti dei personaggi. In un cast in prevalenza maschile dove predominano l'amico schizzato e pericoloso interpretato da Sam Rockwell e la canaglia buona impersonata da Christopher Walken ai danni di uno svogliato Colin Farrell che se ne sta in disparte, si ritrova un vecchio compagno di scena come Tom Waits, delegato a riempire i momenti più intensi di un film che raramente si concede qualche attimo di pausa. Colonna sonora ineccepibile, inevitabili bagni di sangue, bellissime intuizioni sceniche di McDonagh, ma la pellicola ha insomma tutte le forzature e i limiti dell'opera seconda. Ci si diverte, tuttavia, o ci si inalbera per la forte prospettiva maschilista che è l'unico tradimento allo stile di Tarantino. La Kurylenko, bellissima, ad esempio ha una scena con i minuti contati. Ed è un vero peccato non aver indagato a fondo sull'unica, degna rappresentante della psicopatia venuta dal pianeta Venere.
Uci Cinemas, Molfetta - 15 Novembre 2012 (Barisera) |