Si dice che il talento a volte possa rivelarsi una trappola, quando ti costruisce intorno il recinto dell'autocompiacimento o, quando, inevitabilmente, costringe a ripetersi e a non osare, facendo largo uso di specchi. Tutto questo non è ancora accaduto con Wes Anderson, classe 1969, accusato da una certa critica bendata di fare cinema di "maniera" per se stesso o, piuttosto, per una ristretta cerchia di spettatori accomodanti. A chi, senza sapere quello che dice, sostiene che cambiano solo scenari e personaggi ma il film in fondo è lo stesso, rispondiamo che "Moonrise kingdom", film d'apertura all'ultimo festival di Cannes, è fondamentalmente una delizia visiva o, in gergo, una sinfonia per il cinema. Cantastorie con la macchina da presa, abile a giocare con simmetrie e fissazioni legate col doppio nodo alla nostalgia, Wes Anderson continua anche stavolta, dopo "Mr.Fox", a rivolgersi alle nuove generazioni. Il film in questione racconta fra ironia e poesia una "fuitina" che coinvolge due ragazzini vittime di ordine e disciplina, da regole che si sciolgono abbagliate dal sole della tenerezza. Fine estate 1965. Siamo in un'isoletta del New England che ospita un campo scout comandato da un inflessibile Ed Norton. La piccola comunità è sconvolta dalla scomparsa del dodicenne occhialuto Sam che abbandona nottetempo i suoi compagni dell'accampamento facendo un buco nella tenda. Perchè lo ha fatto? E perchè anche Suzy, a sua volta incompresa dai genitori Bill Murray e Frances McDormand, fa fagotto e si dissolve nel nulla? I più perspicaci pensano ovviamente ad una fuga d'amore, in realtà Suzy e Sam (che si innamoreranno in spiaggia al chiaro di luna) vogliono semplicemente sfuggire alle convenzioni assurde e ai destini poco piacevoli dei rispettivi genitori. Il primo si sente rifiutato da quelli adottivi (per i quali forse la scomparsa è un'ideale liberazione), la ragazza non vuole diventare una madre annoiata e depressa, distratta solo da una relazione extraconiugale. Sull'isola nel frattempo sta per abbattersi una tempesta: il cerchio si stringe attorno ai due fuggitivi. E i buoni e i cattivi si dispongono sulla scacchiera: chi per accompagnarli al traguardo, chi per riportarli a casa. Con un finale a sorpresa, dove non è detto che tutti siano destinati a vivere felici e contenti.
Giocato anche questa volta sul connubio ideale fra immagini e musiche (Anderson cita il compositore britannico Benjamin Britten e la raccolta didattica di dischi in dispense), servito da una partitura di Alexandre Desplat che asseconda i toni favolistici del racconto, "Moonrise kingdom" assume una certa robustezza, ben servita dall'eleganza dell'autore e da uno stato di forma che si consolida sull'ispirazione. Anche in questa avventura Wes Anderson si porta nello zaino ricordi di gioventù, che erano alla base del film precedente, pescando un pò dalla nostalgia e molto dall'ironia. Un campo scout da operetta, irriso da una ridicola burocrazia e da assurdi protagonisti e un sottobosco di capifamiglia nevrotici, poliziotti voltafaccia, assistenti sociali asfissiati dall'ottusità dei kapò. Si gioca, ci si diverte con la stessa leggerezza che non contamina mai la solidità dei contenuti e dei significati. In questa imprevedibile ed appassionante fuga di Pollicino e consorte nei sentieri isolati della fantasia, occhi e cuore sono i principali destinatari del messaggio. Cast stellare delle grande occasioni (con un divertente Harvey Keitel, ospite a sorpresa), generosissimo nel concedere spazio agli sbalorditivi giovani attori Kara Hayward e Jared Gilman. Con una sequenza, quella dei passi di danza in spiaggia sulle note di "Le temps de l'amour" di Francoise Hardy, che si rivela ragione essenziale per affacciarsi alla finestra di Anderson, spalancando lo sguardo su un modo (e un mondo) insolito e vitale di affrontare il cinema in forma di arte.
Uci Cinemas, Molfetta - 5 Dicembre 2012 |