I druidi: antica casta sacerdotale dedita all'adorazione degli alberi, quindi al culto dell'erboristeria, ma anche setta pericolosissima operante nel settore demoniaco molto caro alle talentuose corde di William Friedkin. Partendo da premesse favolistiche e rimandandoci alla mitologia contemporanea legata ai racconti del "bau bau" per bambini (si attinge, forse, alle fiabe con toni macabri dei fratelli Grimm), il grande regista americano attraverso un parsimonioso utilizzo di effetti speciali resistuisce alla platea il fascino perduto del b-movie graguignolesco. Pur non volendo essere un film di genere, "l'albero del male" si mantiene sempre nei paraggi del fanta-horror e in definitiva ne rispetta i canoni: un trastullo divertente, se vogliamo, che non lascia segno nella memoria dei cultori abituali di un cinema di ben altro spessore. Friedkin si è servito di un cast di attori poco conosciuti per ragioni di budget e lancia, se abbiamo fatto bene ad accoglierli, segnali splatter molto simile alla paura grottesca di Tobe Hooper. Ci si può tuttavia incuriosire ed appassionare davanti ad una storia come questa dove si immagina che la setta dei druidi continui ad operare, servendosi di languide e viscide giovani sacerdotesse sotto le mentite spoglie di tranquille baby-sitter. Infatti l'albero del male per cui esse operano si nutre dei corpi innocenti dei neonati. Il bebè prossimo al sacrificio è il figlio di una giovane e tranquilla coppia di sposini composta da Carey Lowell e Dwier Brown, che ha avuto l'infelice idea di isolarsi in una baita boschiva. Entrambi si affidano ad una agenzia di collocamento che gli propone una prima baby-sitter destinata a soccombere in circostanze misteriose. Poco male, tanto male: verrà rimpiazzata dalla intraprendente e misteriosa Jenny Seagrove, efficiente ed affettuosa badante che è in realtà la più agguerrita delle sacerdotesse che compiono sacrifici umani. Quanto tempo dovrà passare affinchè i genitori del piccolo ne prendano coscienza? Al cinema l'ardua sentenza.
Un Friedkin minore e alquanto inverosimile, quasi da puntata televisiva, impegnato in una operazione che restringe l'angoscia attorno ai tre protagonisti, fra cui ritroviamo la Bond girl di "Licence to kill" Carey Lowell che entra in competizione materna, rivendicando l'integrità del suo piccolo, con la luciferina Jenny Seagrove combattuta fra sensualità e morbosità. Il film si ispira ad un racconto dello sceneggiatore Dan Greenberg ("The nanny") e si serve di alcune sporadiche sequenze raccapriccianti con animali ringhiosi che fanno breccia in un appartamento praticamente blindato. L'umorismo involontario che è una costante in questo grande regista che, alla bisogna, riesce a ridimensionarsi pur di continuare a fare cinema, scaturisce da alcune situazioni assurde che lo spettatore si ritrova a sdrammatizzare gioco forza. In linea di massima è uno spettacolo che intrattiene e diverte pur mantenendosi a distanza di sicurezza dai fasti de "L'esorcista" o del "Braccio violento della legge" non solo per ragioni di budget, ma soprattutto sotto il profilo dell'impegno da parte di un Friedkin coinvolto solo per onor di firma.
Cinema Bellini, Trani - 4 Novembre 1990 |