Come il don Giulio di Nanni Moretti ne "La messa è finita", anche il ruolo di questo sacerdote che il simpatico Rocco Papaleo si è cucito addosso per l'opera seconda è funestato dai tormenti laici di amici e parenti. Se ne torna al paesino con gli abiti lalari perchè non ha altro, ma di fatto si è spretato per questioni di intolleranza al celibato. L'anziana mamma Stella (Giuliana Lojodice) non la prende bene, anche perchè in famiglia al momento ci sono situazioni più gravi da risolvere: sua sorella Rosamaria (Claudia Potenza), infatti dopo anni di matrimonio ha piantato il povero Arturo (Riccardo Scamarcio) per inseguire un misterioso nuovo amore. La famiglia è sulla bocca di tutti, tanto vale sparire, starsene isolati per un pò e far calmare le acque. Don Costantino decide allora di rifugiarsi in una vecchia casa di famiglia a strapiombo sul mare dove è situato un faro in disuso. La tranquillità e la solitudine contribuiranno a farlo riflettere. Ed invece quella casa accogliente e diroccata fuori dal mondo diventa meta di un affollato pellegrinaggio, perchè quasi tutti i suoi parenti sembrano avere bisogno di lui o cercano di trovare pace in quel luogo magico. Dal cognato "cornuto" Arturo che chiede solo di essere compreso se il suo matrimonio era in realtà naufragato da tempo e tutti lo sapevano, passando per Magnolia (Barbara Bobulova) l'allegra ed esuberante sorella della badante di mamma Stella, che cerca ospitalità offrendo di ricambiare in natura. Ma non basta: si fa avanti anche la sorella Rosamaria che in realtà si è innamorata di un'altra (molto vicina alla famiglia) e vuole avere il benestare della madre nonchè una piccola impresa di costruzioni itinerante che offre assistenza per le riparazioni necessarie al tetto malmesso. Il faro illuminerà il destino di tutti i personaggi, ma di fatto la dimora diventerà una sorta di rifugio necessario per risolvere con le norme di buona convivenza le problematiche legate alle rispettive diffidenze.
Al suo secondo film, scritto con Walter Lupo, Rocco Papaleo dimostra di avere le idee molto chiare e di essere più che pronto a legittimare uno stile discreto, elegante, piacevole. Il suo è un modo di fare commedia che almeno nelle intenzioni vuole tirarsi fuori dai bozzettismi, dai fatui ed inconsistenti regionalismi (anche se il film è ricalcato, a volte anche con forzature, sugli stereotipi meridionali) e da quella comicità di grana grossa che si vende tanto, sperperando sull'intelligenza del pubblico. In questo suo film è chiara, fin troppo evidente fino a rasentare il semplicismo, l'intenzione di occuparsi di questioni civili. Don Costantino diventa così il crocevia di personaggi magari un pò eccessivi, carichi di forzature, dove invece sorprende la misura e la discrezione di un Riccardo Scamarcio positivamente tenuto a bada da impacchi di umanità. Ma ce ne sono altri di più curiosi: Giovanni Esposito ad esempio, bravissimo attore delle seconde file, con il suo ruolo di padre con figlia a carico che si ammazza di lavoro premunendosi di sorrisi o Barbara Bobulova, simpatica prostituta scapestrata e pragmatica, per finire con una Giuliana Lojodice, madre chioccia disperata dall'accumulo di situazioni assurde, finalmente restituita al grande schermo come co-protagonista. Un film che offre sorrisi a volte amari e che si tiene alla larga dalle convenzioni di un cinema impuro fatto per piacere a tutti i costi. In questo Papaleo attore-regista si ritrovano grazie ed onestà, prerogative ormai tenute al bando nella commedia attuale, e il divertimento non è mai artefatto, non ha subdoli richiami o ricorre ad astute strizzate d'occhio. Si riflette, come negarlo, davanti all'antico e fin troppo semplice invito allo star bene con gli altri per stare in pace con se stessi.
Uci Cinemas, Molfetta - 17 Ottobre 2013 |