Si paga dazio, anche stavolta per inerzia, al film di Natale. Tassa mica tanto virtuale che può aumentare quando si moltiplicano le scuderie di appartenenza. Non bisogna abbattersi, perchè quest'anno a differenza della scorsa stagione i film di qualità in sala non mancano, basta saper scegliere. Ma in pole position restano sempre al varco le distribuzioni forti e la Filmauro (650 copie, la metà di Checco Zalone) da trent'anni a questa parte sembra non mollare la leadership. L'anno scorso il tema dell'amore, quest'anno quello della buona sorte. Continua la miniserie dei "colpi". Ricorda più del dovuto "Occhio, malocchio prezzemolo e finocchio", un film di trent'anni fa, che a livello di scrittura con ben sette sceneggiatori impegnati (fra questi Verrucci, Leoni, Guerrieri, Amendola e Corbucci), rispetto a questo film sembrava avvalersi dell'ispirazione di Blake Edwards. Si cade in basso, si sprofonda in caduta libera con Neri Parenti, incolpevole regista, semplice esecutore di una committenza che arbitrariamente adegua le vicende alla logica perversa ed utilitaristica del product placement e delle film commission. Accade ad esempio che i limiti strutturali dei primi due deboli episodi siano proprio attribuibili alle scelte non proprio felici degli sceneggiatori che appunto "appiccicano" a soggetto, come si dice, situazioni senza capo nè coda semplicemente per motivare la scelta di luoghi e marchi pubblicitari. Nulla cambia, nemmeno quella volgarità gratuita che condizionava pesantemente l'equilibrio spesso mortificante dei cinepanettoni del passato. Sul versante della coppia comica quella che funziona meglio è proprio quella collaudata formata da Lillo e Greg che nel frammento conclusivo sembrano restituire dignità al filmetto, attraverso il rispetto dei tempi di base. Ma nei capitoli precedenti si segnala il nulla assoluto. Luca e Paolo amano (ma lo sa solo il primo dei due) la stessa donna e si vedono impegnati nella non facile ricerca di un biglietto vincente del lotto nella città partenopea da cartolina dominata dal ritiro di Soccavo nel Napoli Calcio (autopromozione).Christian De Sica è un imprenditore tessile superstiziosissimo che per portare avanti un grosso affare con dei fornitori orientali ha bisogno di un traduttore che conosca il mongolo. Lo trova in un Francesco Mandelli, solito idiota orfano, con nerissima frangetta che parla "con la polpetta in bocca" (espediente per arrivare all'equivoco verbale "forca-sorca") ed è un portatore sano di disastri. Nell'ultimo segmento Lillo riceve in eredità dal defunto padre naturale una somma simbolica e un fratello di sangue (Greg) sciroccato e, all'occorrenza, violento che però gli riporterà allegria in famiglia. Nella mezz'ora finale il concentrato delle gag più utili alla causa.
Si ride pochissimo in un contesto più noioso e banale del solito dove i tre episodi di chiara fattura televisiva non rinfrescano di una virgola il rapporto sempre più compromesso fra comicità e buon gusto. L'inconsapevole esecutore Neri Parenti tuttavia ha modo, attraverso i vari contesti, di giocare col cinema e di omaggiare e plagiare famose ed illustri pellicole del passato, fra cui un'irreale partita a tennis immaginaria che sfregia l'Antonioni di "Blow-up" con due ispirati guastatori dominati da Greg che come il protagonista di "Ultimatum sulla terra" fantastica mondi interstellari e farfuglia frasi sconnesse. Un pò di normalità in un contesto dove si riscontra uso e abuso della gag escrementizia.
Cinema Impero, Trani - 21 Dicembre 2013 |