Gli umori veneziani a caldo rivelarono perplessità e abbottonate cautele sulle reali capacità di un normalissimo film concepito in confezione-premio di fare man bassa al traguardo, rompendo le aspettative anticonformiste del presidente di giuria. In linea di massima furono concordi i pareri sull'ineccepibile buona qualità del film. Nessuno, tuttavia, avrebbe preventivato a suo tempo una collocazione nel palinsesto cinematografico natalizio. Troppo perfetto, a modo e privo di sbavature questo progetto su commissione realizzato da Stephen Frears, a dire il vero un pò troppo versatile e disinvolto al giro di boa di una carriera iniziata con altre aspirazioni. "Philomena", questa tragedia moderna dall'impronta classica, dove una madre irlandese parte, esasperata e fiduciosa, sulle tracce del figlio che non vede da cinquant'anni, diventando un caso da tabloid per un giornalista fuori dal giro, è un collaudato meccanismo ad orologeria. A cominciare dalla sceneggiatura brillante e pungente scritta dallo stesso protagonista Steve Coogan con Jeff Pope che trae spunto dal romanzo di Martin Sixsmith "The lost child of Philomena Lee", ispirato da fatti realmente accaduti. Siamo dalle parti del fervore laico che già si era percepito in un altro bellissimo film di Peter Mullan ("Magdalene"), qui alternativamente addomesticato ed alleggerito per ragioni di scorrevolezza e mediazione. Philomena Lee (Judi Dench) è una povera donna, ripudiata dalla famiglia, costretta in gioventù (siamo nell'Irlanda del 1952) a partorire il figlio della colpa in un convento. I ricordi riaffiorano in lei il giorno del cinquantesimo compleanno del figlio che le fu strappato via, affidato in adozione ad una coppia di ricchi possidenti americani. Il suo desiderio di ritrovarsi con la sua creatura coincide con la disperata ricerca da parte di un giornalista in crisi di nome Martin (Steve Coogan), di ricavarne qualche buon pezzo di vita vissuta. I due si ritrovano quindi sulla stessa strada e cominciano le ricerche, non facili per un pesante clima ostile, del figlio della donna di cui non si sa più nulla. Il viaggio della speranza che culmina a Washington mette a nudo i caratteri diversi dei due personaggi principali: Philomena, donna rassegnata e schiava di una forte educazione cattolica che ne ha segnato la vita, e il disincantato e pragmatico Martin, molto più motivato ed agguerrito per far luce in una situazione più complicata del previsto.
"Philomena" è un dramma semplice ma ben articolato che non rinuncia a momenti meno austeri e seriosi e a dialoghi incisivi e diretti; i due attori si dividono la scena con abilità e mestiere scavando i rispettivi ritratti. Ne viene fuori una pellicola fluida, piacevole, a volte sconcertante per la profondità e la delicatezza dei temi trattati, filtrati dalla durezza di un'ottusa e piatta sottomissione ai dogmi, ad un fondamentalismo inconscio. Frears mette a nudo, senza assoggettare il film allo stile sulfureo e ribelle dei suoi lavori abituali, da timido e passivo osservatore di malefatte coperte dal manto della fede, il tutto però con una discrezione e una misura signorile. Attraverso l'uso del flashback riviviamo i brutti ricordi e le poche gioie del passato, ma il film fa leva sull'atroce peso del distacco e della lontananza e sulla gravità (a volte) dell'obbedienza che accieca la presa di coscienza. Nella sua completa ispirazione il film si affida alla bravissima Judi Dench, capace di regalare allo spettatore momenti di straordinaria umanità, e all'impeccabile Steve Coogan, una via di mezzo fra Chevy Chase e Woody Allen, già ammirato altrove in ruoli di coprotagonista, qui nei panni di un discreto, abile ma inconsapevole mattatore della parola.
Sala Perla, Lido di Venezia - 31 Agosto 2013
Cinema Impero, Trani - 5 Gennaio 2014 |