Ci sono alcuni registi ossessionati dallo stile, altri invece dai temi affrontati. Su sei film realizzati da Luca Miniero, alcuni in co-regia con Paolo Genovese, almeno quattro riguardano lo stesso argomento logoro, ovvero la battaglia fra luoghi comuni del nord e del sud. Eppure il flim si apre citando una gustosa frase di Troisi sulle prospettive di cambiamento di altre città a parte Napoli. Miniero però incalza e torna immediatamente sui passi dei film precedenti. Cristina (Paola Cortellesi) è una brava moglie e donna di casa che ha segretamente abbandonato il suo luogo d'origine per andare a vivere in una ridente e tranquilla cittadina altoatesina. Ha per marito Michele (Luca Argentero), un garbato, paziente e fin troppo metodico capofamiglia che lavora in una florida azienda immobiliare e due bambini più o meno alle prese con i soliti problemi d'infanzia. Cristina fatica però a portare a termine la tanto sospirata scalata sociale. Vorrebbe entrare nel grande giro, accaparrarsi le amicizie che contano e sembra sforzarsi nell'essere quella che in realtà non è. A gettare scompiglio in questa famiglia da soap opera arriva all'improvviso lo zio Ciro (Rocco Papaleo), che ha chiesto di scontare gli arresti domiciliari in casa della sorella prima di arrivare al processo che lo vede imputato per l'affiliazione ad un clan di camorra. Lo zio non è proprio un ospite tranquillo e addomesticabile: pieno di fissazioni, disordinato e viziato comincia a poco a poco a distruggere il finto equilibrio dei suoi familiari che vorrebbero respingerlo. La sua presenza però si trasforma inevitabilmente in una garanzia di rispetto da parte degli altri. Per ironia della sorte tutte le cose sognate da Cristina sembrano arrivare, fra vari disastri ed equivoci, grazie al suo potente parente. Ma è un'illusoria bolla di sapone: anche lo zio Ciro non è poi così cattivo come vuole sembrare.
Infarcito di gags stantie, un pochino datate, tipiche di qualche cinepanettone avanzato, e di qualche forzatura da cartoon, "Un boss in salotto" promette cose che non riesce a mantenere. Ossessionato appunto dalla convinzione che la differenza fra settentrionali e meridionali stia sempre nell'ordine e nel disordine, negli spaghetti con la pummarola e i canederli, Luca Miniero ricicla insomma un "Benvenuti al Nord" atto terzo con il povero e generoso Luca Argentero (combattuto fra stile e disagio), vittima predestinata dei perversi giochi cafoni di un dispettoso e impenitente Rocco Papaleo (che, badate bene, nel film viene dichiarato napoletano ma parla in dialetto lucano per l'intera durata). Paola Cortellesi, napoletana in incognito (vabbè, lei è romana, ma questa è un'altra storia) si sforza di parlare in veneto e concede al film un pò di grazia. Chissà con quali occhi guarderemo queste commedie fra vent'anni. Se, insomma, riusciranno a lasciare una traccia nel loro essere così anonime, evanescenti e prive di struttura. Di certo espropriano più del dovuto i canoni classici della risata. E la simpatia di Papaleo, alla fine, resta l'unico antidoto possibile contro la fuga di massa degli spettatori coscienti.
Cinemars, Andria - 7 Gennaio 2014 |