Quanto vale veramente la vita di un uomo? In termini assicurativi, fondamentalmente. Ci sono alcuni fattori tecnici, alcune variabili che possono alla fine stringere la consistenza del prezzo. Ciascuno di noi, insomma, ha un proprio valore di risarcimento. "Il capitale umano" trascina Paolo Virzì, dalle allegre e spesso agrodolci atmosfere livornesi a quelle un po' cupe della ricca ma fosca Brianza. In un paesino immaginario alle pendici di un colle sempre avvolto dalla nebbia le esistenze di questi personaggi si incrociano in un montaggio ciclico che ricorda "La terrazza" di Scola (o, a piacimento, "Babel" di Inarritu) in seguito ad una fatale disgrazia che si tinge di giallo. Un cameriere in bicicletta, finito il turno di lavoro, viene scaraventato di notte fuori strada da un Suv guidato da un pirata. Chi era veramente a bordo del veicolo? La pellicola va a ritroso, attorno a questo spiacevole incidente, per farci conoscere più da vicino alcuni protagonisti di questa comunità non proprio ridente. Dino (Fabrizio Bentivoglio) è un agente immobiliare che sogna di fare la scalata sociale, approfittando dell'amicizia di sua figlia Serena con il rampollo di casa Bernaschi dove il capofamiglia è Giovanni (Fabrizio Gifuni), uno speculatore dell'alta finanza. Sua moglie Carla (Valeria Bruni Tedeschi), conduce un'esistenza vuota, fra noia e tormento, dopo aver abbandonato i sogni di attrice. E poi c'è Roberta (Valeria Golino), seconda compagna di Dino, che asseconda con molta perplessità le aspirazioni del marito. Tutto comincia però presto a riguardare le abitudini, gli ultimi movimenti dei ragazzi con Serena, appunto, bramata dal viziato e immaturo Bernaschi Jr. che gli preferisce il più sfortunato ma genuino Luca, un ragazzo ai margini per alcuni suoi precedenti di droga. Le investigazioni condotte dall'ispettore di polizia alla fine scopriranno le carte, coperte dalla confusione e dal sospetto. "Avete scommesso sulla rovina del paese e avete vinto", dirà la ricca Carla affacciandosi dalla sua reggia, dove nulla è cambiato e dove si torna a respirare il profumo dei soldi. Già, cambiare, ma chi ha in definitiva il coraggio di farlo veramente?
Da un romanzo scritto qualche anno fa da Stephen Amidon (Mondadori) ambientato nel Connecticut (e questo stravolgimento di ambientazione più che oggetto di discussione è stato un buon veicolo pubblicitario) Paolo Virzì ricava un normalissimo ritratto di provincia malata che manca, a volte, della giusta ironia pur avendo dei pretestuosi riferimenti alla morale di Chabrol, ma molto alla distanza. Gli attori sono perfettamente in parte, dal Fabrizio Bentivoglio logorroico, ossessionato dalla smania dei soldi facili, al Fabrizio Gifuni, tenebroso principe del malaffare, manipolatore di cortesie e falsità. Il montaggio che, partendo dalla suddivisione in capitoli, in base al punto di vista di alcuni personaggi principali (con i prevedibili agganci di controcampo con le sequenze già viste), diventa un mezzo utile ma non irresistibile per tenere alti i ritmi del film. Nonostante tutto a Virzì riesce facile cogliere e comunicare un disagio davanti alla decadenza del nostro tempo, questa mancanza di coraggio nel riconoscersi davanti al vuoto, lasciando il carico di speranza tutto sulle spalle e negli sguardi di alcuni ragazzi che, nonostante tutto, salvaguardano la gioia delle piccole cose. Pur non rientrando fra i migliori lavori del regista livornese, che continua con sfida e fatica a perpetuare la tradizione della "commedia seria" (è stato a bottega da Age e Scarpelli e la cosa si avverte), "Il capitale umano" ci parla con franchezza, ci inchioda davanti alle responsabilità, ci scaraventa addosso le ultime briciole di senso civico. Prendiamone atto.
Cinema Alfieri, Corato - 13 Gennaio 2014 |