Un giovane avvocato di successo romagnolo (De Luigi) trapiantato in Puglia per il precedente naufragio matrimoniale, attivista nell'impegno ecologico fuori e dentro le stanze comunali, si gode la sua beata condizione di single fra le soddisfazioni professionali e la libertà sfrenata. Ha una relazione pulita, disinteressata e priva di implicazioni sentimentali, con una bella ragazza di origini francesi (Casta), che ha a sua volta una sorella italianissima (Solarino) in una comunità di recupero di tossicodipendenti all'interno di una masseria (saranno molte le masserie che vedremo nel film). Ma può esistere amicizia fra un uomo e una donna? In effetti il bellissimo legame di complicità traballa quando i due rispettivamente si imbarcano in nuovi affari di cuore: la francese con un bellimbusto che lavora nel corpo forestale (Giannini) e l'avvocato con una collega di scranno (Lodovini). I due torneranno a sfiorarsi, un po' per complicità, un po' illudendosi che l'amicizia possa consolidarsi in qualcosa di più importante, ma il lieto fine, stavolta, non è prevedibile come ci si augura.
Girato fra Otranto e Trani (distanti in linea d'aria 200 km e passa) in una Puglia che da buon set a cielo aperto è un valore aggiunto con esterni illuminati benissimo dalla luce naturale e dai prodigi di Arnaldo Catinari, "Una donna per amica" porta il regista toscano Giovanni Veronesi, alla sua sedicesima regia, a cimentarsi con un'appendice inedita dei suoi celeberrimi e micidiali manuali d'amore. Il tema dell'amicizia fra un uomo e una donna, situazione che continua a far discutere filosofi, poeti e cantautori, resta tuttavia irrisolto e sprecato in una lunga serie di siparietti inanellati per consentire spazi (molto poco comici) ai numerosi personaggi che affollano il cast con frenetico avvicendamento. Da Virginia Raffaele (la migliore) che parla a raffica e si mangia le parole in una sorta di supercazzola seria, a Geppi Cucciari galeotta in un carcere femminile per aver evirato il partner in una crisi di gelosia. In queste circostanze si rifiata, forse per coprire una sceneggiatura tenue ed esile che sembra venire da lontano, ma al quale anni di ripensamenti e rimandi non sembrano aver solidificato l'impianto. Fabio De Luigi, volenteroso, bravo e spaesato nelle sue traumatiche e confuse interazioni con i nativi di Puglia (c'è Vittoria Amore, splendida e imponente teatrante barese che fa il verso barivecchiano alla sora Lella nei panni di una portinaia), fa quel che può. E si ritrova una gag già vista nell'ultimo Verdone: per ripicca il protagonista simula un orgasmo, schiaffeggiando il divano e facendo mugolii e vocine (chi ha copiato chi?). Ma onestamente il film finisce improvvisamente forse per esaurimento di risorse. Un'occasione mancata dopo il più normale e tradizionale "Ultima ruota del carro" che aveva aperto il festival di Roma con strascichi di scetticismo generale. A tratti, in sospeso fra blandi ritmi di sit-com (qualcosa tipo "tre cuori in affitto"), sembra davvero venir fuori il peggio dell'arte del disimpegno e dell'indolenza. Una confusione che finisce con il trattenere il film, pur garbato nelle sue intenzioni di leggerezza e pulizia, in un limbo di incompiutezza. Al quale nemmeno i defilèe di una seducente Laetitia Casta (sovrastata dalla più intrigante Valeria Solarino), improbabile amica, sembrano restituire la dignità e la dimensione naturale di un prodotto cinematografico credibile.
Cinema Impero, Trani - 28 Febbraio 2014 |