Amici inseparabili, nonché soci in affari per una surreale agenzia di pompe funebri Pio e Amedeo conducono un'esistenza tranquilla e noiosa in un paesotto dell'entroterra foggiano. Il primo sta per sposarsi con la bella Rosa, il secondo invece è uno sciupafemmine in bolletta, capitano del Real Zapponeta, squalificato a tempo indeterminato per aver sistemato un arbitro. Gli spiacevoli strascichi, veri o presunti, dell'addio al nubilato della casta Rosa, beccata su un sito per uomini soli (la si riconosce dall'inconfondibile tatuaggio sulle chiappe) in atteggiamenti discutibili, costringe il "tradito" Pio a tornare sui suoi passi e a intraprendere col fido Amedeo un viaggio disintossicante per dimenticare l'affronto subito. Si va prima a Roma dove il facoltoso ed eccentrico zio di Amedeo (Massimo Popolizio) potrebbe concedere un prestito, poi a Milano dove Amedeo sogna di incontrare Galliani per un provino nel Milan, infine ad Amsterdam per ammortizzare la luna di miele già spesata. Non chiedeteci spiegazioni perchè la storia è composta così. Equivoci di routine, malintesi verbali, situazioni surreali e compromettenti. Fino al provvidenziale ritorno in Puglia che coinciderà con un riequilibrio generale di guai e sventure.
I Vice che nella primavera del 1952 si accapigliavano per denigrare in dieci righe un film come "Totò a colori", che oggi è annoverato fra i 100 film italiani da salvare, andrebbero spediti con una macchina nel tempo nei giorni nostri per appurare i danni incommensurabili apportati al cinema dalla televisione, prima e dalla rete, poi. "Amici come noi" è un filmetto di derivazione checcozaloniana che l'astuto produttore Pietro Valsecchi ha tirato fuori da un cilindro stretto, con uno sguardo rivolto al basso costo ed un altro al rendimento commerciale, visto che i due giovani protagonisti godono di consenso e familiarità in ambienti virtuali, a partire dalle candid camera ("Le iene") ai malcapitati vip. Il film è ricavato come già "Cado dalle nubi" di Nunziante dal solito viaggio a ritroso dal meridione provincialotto ed arretrato, verso un Nord evoluto e civilizzato. Nelle mani di Enrico Lando, direttore d'orchestra dei Soliti Idioti, il film mostra limiti evidenti ma anche una apprezzabile rinuncia agli abusi di facile volgarità. Alle prime armi con il mezzo cinematografico Pio (D'Antini) e Amedeo (Grieco) inanellano una frenetica ed inarrestabile lunga serie di sketch che ogni tanto (ma non frequentemente) riescono ad assicurare leggeri scatti di labbra. Certo è davvero troppo poco, ma tutto resta in linea, senza sbavature, con la crisi di idee di una commedia italiana attuale dove la sciatteria va ricondotta essenzialmente ad una mancanza di scrittura (anche se la sceneggiatura vanta addirittura una responsabilità di ben dodici mani). Anche stavolta la bella terra di Puglia si conferma la tappa migliore di un giro turistico piuttosto stravagante, fra allegri meridionalismi, fiacchi luoghi comuni e siparietti musicarelli (Modà) che deviano la prospettiva dello spettatore dalla noia alla suscettibilità.
Cinema Impero, Trani - 20 Marzo 2014
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