Beh, da Hitchcock ad Hossein Amini (sceneggiatore per Refn in "Drive", ma qui al suo esordio alla regia), passando per Wim Wenders che forse si è goduto la trasposizione migliore ("L'amico americano"), passano fiumi di cinematografia a distanza e forse oggi gli affluenti dell'ispirazione si sono prosciugati. Tratto da un romanzo scritto nel 1964 da Patricia Highsmith, sui passi della più celebre giallista inglese nata nel ventennio precedente e legata a Poirot, questo "I due volti di Gennaio" sembra un compitino laccato, con scenari suggestivi e scenografie perfette, troppo panoramico per mostrare la sostanza da vicino. Vi si narrano infatti gli intrighi di una misteriosa e benestante coppia di turisti americani, Chester (Viggo Mortensen) e Colette (Kirsten Dunst), belli e impossibili nel loro defilèè vintage curato da non si sa chi, in vacanza idilliaca ad Atene. Entrambi però sembrano in fuga, man mano capiremo da cosa, e il precipitare della situazione, complice una guida turistica americana che si frappone fra i due, covando un interesse sentimentale per la donna, aumenterà progressivamente le tinte di un torbido giallo. Il film prende insomma una piega interessante, con i protagonisti superstiti, ricercati per una sfilza di crimini, che tentano di lasciare la Grecia in mille modi. Accumulo di finali, sottofinali, colpi di scena e colpi di sonno.
Uno stile piuttosto calligrafico, freddo e prevedibile, elementare e privo di sussulti non fa che appiattire forse uno dei romanzi meno riusciti della Highsmith, che nelle mani di questo esordiente sembra un ricalco sbiadito di "Delitto sotto il sole". Anche in questo caso il protagonista del film in questione come il fuggiasco Mr.Ripley, vaga fra un delitto ed un altro, con il solo scopo di farla franca e di portare a casa la pelle. Viggo Mortensen gigioneggia perfettamente incarnando la sua maledizione col panama e la sigaretta accesa, anche se sembra aver scambiato la Highsmith per Paul Bowles. La bionda più fata che fatale è Kirsten Dunst, mogliettina fragile ma soprattutto indecisa sulla scelta dei talami nuziali, combattuta fra l'ambiguo compagno e lo spiantato, belloccio Oscar Isaac che le fa il filo ma forse punta ai dollari. Alla radice è un esotico film d'avventura, stuzzicato in parte dalle sollecitazioni del testo della Highsmith che porta la negatività del protagonista principale a zonzo ancora una volta in un'Europa solare. Ma il film diverte poco, sembra affrettare i tempi della soluzione dell'intreccio (il finale a sorpresa però non sorprende affatto), e non lascia alcuna emozione. Certo che chi ha osato definirlo hitchcockiano dovrebbe approfondire un pochino le sue nozioni di cinema. Siamo lontani anni luce anche sulla base delle suggestioni. Però, magari, in tarda serata, in tv potrebbe anche avere un suo perché.
Cinema Opera, Barletta - 15 Ottobre 2014 |