Come Jacques Tati in "Playtime", se non ricordiamo male, anche Gianni Di Gregorio, mite uomo di mezza età prossimo alla pensione, fin troppo accomodante, è uno di quelli che non riesce ad attraversare le strisce pedonali, imponendo un suo diritto di pedone ai frettolosi automobilisti e fa le spese di una meccanicizzazione che lo vuole recluso negli uffici inglobati in un palazzo di vetro. Come Paolo Villaggio in "Fracchia la belva umana", su questo non ci piove, è vessato dal capoufficio, preso di mira dal vicinato in un condominio dove è costretto ad uscire sgattaiolando per non avere rotture con gli amministratori, salvo poi far valere i suoi diritti una volta acquisite lezioni di cattiveria reazionaria. In partenza con due debiti cinematografici di siffatta portata, il simpatico e discreto Gianni Di Gregorio, al suo terzo film mostra un po' troppo una corda corta, ma continua a divertirsi e a divertire. Il suo è un personaggio non troppo lontano dalla sua personalità, questo lo si percepisce, così come la sua disponibilità ad uscire volentieri fuori di scena per far posto ai suoi coprotagonisti. In "Buoni a nulla", commedia gentile e garbata, che esce in punta di piedi con una distribuzione piuttosto debole, ridimensionandolo alle prospettive iniziali del suo primo film "Pranzo di ferragosto", Gianni racconta lo smarrimento dei futuri pensionati. A soli pochi mesi dal tanto desiderato riposo, si vede invece protrarre di tre anni il contratto di lavoro e, come se non bastasse, trasferito dall'altra parte della città nei nuovi uffici dell'azienda. Accomodante e paziente il povero Gianni incassa il colpo, salvo poi soffrirne con crisi di panico e problemi di pressione. Il suo dottore gli prescrive delle "reazioni di rabbia". Con risolutezza e cinismo, Gianni dovrà accettare le nuove sfide da una prospettiva diversa. Ed infatti la nuova ricetta funziona. Così tanto che, per spirito collaborativo, il buon Gianni la gira al suo nuovo collega Marco (Marco Marzocca), che soffre per eccessiva bontà le prepotenze e le pretese dei pesci grossi, ma con esiti diversi e imprevisti.
Piccolo e debole, è un film che si lascia seguire con quello spirito di tradizionale carineria che accompagna da sempre i lavori di Gianni Di Gregorio, attore e regista casuale, da sempre innamorato della sua città eterna, fotografata in maniera impeccabile (Gian Enrico Bianchi) nella quiete abitudinaria del centro storico e nella caotica terra di frontiera "fuori al raccordo anulare". Un pochino al di sotto delle aspettative, il film prende le distanze dalle assurde dinamiche della commedia recente. Tuttavia Di Gregorio si mantiene, senza eccessivi colpi d'ala, in un limbo dove permane con una certa indifferenza. Commedia sociale, forse, che mira a cogliere le impercettibili sfumature del quotidiano e dove, in fondo, ci si specchia. Un tentativo, se vogliamo, fuori dalle logiche commerciali, rivolto ad un pubblico in cerca di una buona disintossicazione. Ma anche incapace di lasciare segni evidenti di cinema in un contesto dove prevale più la passione che la tecnica.
Cinema Splendor, Bari - 23 Ottobre 2014 |