Woody Allen taglia il traguardo della cinquantesima regia per il grande schermo, tornando alla commedia romantica, ambientandola nella cara e vecchia Europa, dove la sua cinematografia pare incontrare da sempre puntualmente il consenso di pubblico e critica. Se ne dicono tante sull'Allen recente, malumori derivanti da una vena prolifica non sempre ispirata, qualche film sbagliato, non lo mettiamo in dubbio, ma in quante produzioni recenti si ha la possibilità di assistere ad una perfetta assonanza fra scrittura, scenografia, recitazione e atmosfera? Allen si conferma uno dei più esperti manipolatori di suggestioni, sempre diviso fra ironia e malinconia, fra romanzo e prosa, in una caccia sempre più intermittente di situazioni che, pescando dalle tipiche ossessioni, si orientano quasi sempre verso prodotti di divertimento distensivo, leggiadro, terapeutico. In "Magic in the moonlight" il suo alter ego diventa così un burbero e diffidente Colin Firth che, nei panni dell'illusionista Stanley Crawford, sbarca il lunario nei teatri dell'Europa di fine anni '20, con le sue magie e i suoi trucchi strabilianti. Nichilista, cinico ed arrogante, Stanley è anche un abile smascheratore di medium improvvisati che ingannano i poveri facoltosi, promettendoli di instaurare un rapporto diretto con l'occulto. Il suo amico Howard (Simon McBurney) lo assolda allora per una missione in Costa Azzurra, presso la residenza della prestigiosa famiglia Catledge, caduta preda di Sophie Baker (Emma Stone) una giovane e infallibile veggente che, dietro sostanziose donazioni, sta promettendo alla vedova Grace di stabilire contatti col marito defunto. Dapprima scettico e pungente, poi incuriosito e dubbioso, il risoluto Stanley sembra destinato a restare imprigionato nel fascino della bella Sophie, promessa sposa del rampollo Brice, che le offre un sicuro avvenire. I fatti prenderanno una piega imprevista, sballottati fra la leggerezza delle illusioni e le diaboliche macchinazioni del destino...
In stato di grazia, con un film minore, Allen sembra essere ispirato anche in questa circostanza da uno script impeccabile. Anche se per bocca dei personaggi e delle sue creature, si riconosce benissimo un'ironia pungente che prevale nella complessa personalità del protagonista principale. Ma "Magic in the moonlight" resta fondamentalmente una gradevolissima e scorrevole commedia romantica dove la distensione del contorno, affidata ai pastelli della camera di Darius Khondji, scivola via accarezzando l'anima dello spettatore. Penalizzato da una seconda parte che si trascina via con una lunga serie di situazioni poco credibili, il film scaraventa dal primo minuto lo spettatore nelle suggestioni magiche di un'Europa raccontata con amore e passione dal regista americano. Se la senilità autoriale paga delle colpe che richiedono necessariamente la complicità del pubblico, non ci si può proprio sottrarre. Attori perfettamente in parte, soprattutto Eileen Atkins, straordinaria attrice dei palcoscenici londinesi, nei panni della zia. Ironia e duelli verbali a livelli altissimi. Così come i grammi sparsi di poesia che, di recente, non sono affatto scontati.
Politeama Italia, Bisceglie - 8 Dicembre 2014 |