Citando alla lettera quello che Oreste Del Buono scrisse in tempi e contesti diversi per una circostanza artistica altrettanto estrema, "abbiamo finalmente trovato un nuovo talento comico, ce lo meritamo"? Approda al cinema dopo una lunga militanza televisiva e radiofonica Maccio Capotonda, al secolo Marcello Macchia, classe 1978, abruzzese, alle apparenze orfano di maestri se non fosse per quell'incauta mania di cesellare assurdi e scombinati neologismi che ne collocano una parentela di forma, forse, con un grandissimo artista siciliano d'alta scuola che lo ha più volte riconosciuto come erede (e che ha stuzzicato la mia curiosità). Ma è puro cinema demenziale, come non lo vedevamo e lo aspettavamo da anni, con una cura maniacale per i particolari di fondo (in gergo" tappezzeria") e una costruzione minuziosa di meccanismi comici che non dipendono solo da quello che si vede, ma da quello che inevitabilmente si riconosce in fase di ispirata scrittura. Più volte hanno detto, forse anche sbagliando, che il bersaglio facile della comicità di Capatonda è quell'imbarbarimento televisivo, da cui la sua comicità ha avuto origine. Ma vanno a segno anche colpi micidiali sferrati contro un contradditorio sistema italico dove l'apparenza vince la coerenza, dove appunto il limite dell'italiano medio cui nel titolo si allude sta nella difesa pubblica di valori nei quali non si tiene alcun conto fuori dai riflettori. Capatonda gioca con disinvoltura e scaltrezza anche con i meccanismi cinematografici ai quali non fa fatica ad adeguarsi, superando l'arduo banco di prova del lungometraggio. Da perfezionista e acuto osservatore della tattica dell'accumulo di gag, si distanzia sin dalle prime battute dalla comicità in pillole di matrice televisiva. "Italiano medio" si apre con una tipica presa in giro dei titoli di testa che sembra essere in debito con Mel Brooks, dove ad esempio si annuncia la presenza di Brad Pitt, per poi scusarsi e correggerla con quella di Rupert Sciamenna (trattasi di Franco Mari, esperto caratterista, che nel film offre una magistrale parodia di un Michael Douglas incartapecorito). Si procede così nella classica vicenda di Dr.Jekyll e Mr.Hyde. Dove il primo è un borghese piccolo piccolo, figlio ribelle di una coppia di teledipendenti, e il secondo un personaggio col cervello ridotto ai minimi termini che grida "Scopare!", fa gestacci e pensa soltanto all'appagamento sessuale, entrambi intepretati da un Capatonda affetto da sindrome bipolare. Ridotta all'osso la trama è soltanto un pretesto per mostrare il bravo protagonista alle prese con i bestiali personaggi che affollano la sua colorita giungla. Due donne: una legittima, l'anima gemella di cui presto si disfa, l'altra invece l'esuberante vicina di casa che lo seduce. Nel mezzo una storia assurda di battaglie ecologiche, reality succhiacervelli, scambi di persona e un campionario inenarrabile di travolgente ed esilarante comicità.
Si farà strada, non so fino a quando l'ostico e imprevedibile mezzo cinematografico glielo consenta, nel vuoto che al momento divora la situazione comica italiana, le cui risorse limitate sembrano raschiare il fondo di un barile destinato ad un pubblico che si accontenta altrove con poco. E invece "Italiano medio" sembra fatto per piacere anche ai più accaniti nemici del cinema comico, con questa sua ventata d'aria nuova che sembra omaggiare l'irriverenza senza freni dei Monty Phyton (già, ma noi abbiamo mai avuto una squadra come quella?), la tremenda scurrilità del cinema degli anni '80 dal quale in un certo modo siamo ancora dipendenti quando abbiamo bisogno di ridere a colpo sicuro. Sotto certi aspetti l'atmosfera paradossale del film sembra quasi addomesticarsi con discrezione alla terribile realtà che riproduce. Si ha l'impressione, insomma, che la realtà che viviamo superi la grossolana e triviale fantasia dell'autore. Montaggio frenetico ed impagabile di Giogiò Franchini e dello stesso regista, camei a sorpresa di Raul Cremona e d'un geniale Nino Frassica, complice divertito. Nonostante i cedimenti della seconda parte del reality, il film è ben strutturato ed è un sincero epicentro di micidiale comicità volontaria che stenderà felicemente gli appassionati di umorismo sofisticato. Che si tengono a distanza, si sa, dal pietoso traffico natalizio.
Uci Cinemas, Molfetta - 29 Gennaio 2015 |