Sconfortate da profonde ed irreversibili crisi professionali, ad una certa età le star di Hollywood si sentono predestinate al macero e ai voltafaccia di spettatori che hanno il potere di decidere in un soffio il prosieguo della gloria o la cattiva sorte nella polvere. Era un po' lo stesso succo sul quale si reggeva la crisi esistenziale di Robin Wright nei panni di se stessa nell'ultimo affascinante film di Ari Folman ("The congress"). Nell'ultima impresa di Inarritu, uno degli autori più promettenti nel recente panorama cinematografico americano, uno degli intoppi classici dello star system contemporaneo (che trova, non dimentichiamolo, autorevoli epigoni in Wilder, Mankiewicz e Altman) diventa il contenuto ideale per i sorprendenti virtuosismi di una macchina da presa che, dall'inizio alla fine, non si distacca dalla nostra attenzione. Un film che prende l'anima, non solo per il robusto sostegno dello script, e la avviluppa in un vertiginoso ed imprevedibile racconto che ci porta nel ventre d'un teatro di Broadway dove è in gioco il futuro di un attore che aspira ad una nuova identità professionale. Si chiama Riggan Thomson (Michael Keaton), ha ottenuto un buon successo interpretando un famoso supereroe in una piccola serie cinematografica e che adesso aspira legittimamente a debuttare con una rilettura di Ray Carver. Impresa ardua giacchè tutto il mondo sembra rivoltarsi contro: dalla sua nuova compagna che è nel cast artistico della piece, la figlia in età difficile che lo aiuta nell'allestimento, un avvocato impresario piuttosto scettico e qualche attore cane che minaccia di sabotargli la riuscita del debutto. Nei momenti di crisi profonda Riggan avverte la presenza di Birdman, il suo alter ego cinematografico di successo, che tenta di riportarlo sulla retta via del Blockbuster. Ma Riggan non demorde, anzi, scrittura coraggiosamente l'idolo Mike Shiner (Ed Norton), nel ruolo del coprotagonista della commedia. Fra disastrose anteprime movimentate e la minaccia incombente di uno spietato critico teatrale che ha, per partito preso, deciso di far fuoco con la sua penna sulla recensione dello spettacolo, Riggan andrà incontro al suo destino con una scelta clamorosa che gli consentirà di raggiungere la tanto ritrovata popolarità.
Film complesso e bellissimo "Birdman" ci riporta alla mente le atmosfere dell'ultimo Polanski, quello di "Venere in pelliccia", tanto per gradire. Una lunga ed articolata lavorazione priva di stacchi, un infinito piano sequenza di quasi due ore che, talvolta con utilizzo di macchina a spalla, ci porta a distanza ravvicinata con una realtà che segue e conta i passi del protagonista. Palcoscenico, backstage, ventre del teatro, la strada, qualche pub di Broadway. Non tutto avviene nella stessa notte ma la continuità è data da una macchina da presa che non smette mai di guidarci, alla quale si finisce con l'aggrapparsi. Sorprendente per audacia e funzionalità della messinscena, il film ci consente di recuperare un meraviglioso Michael Keaton nei panni del sofferente attore a disagio con se stesso che sogna di ritrovare la gloria, accerchiato suo malgrado da molti potenziali nemici. "Tu non sei un attore, sei una celebrità", il succo del malessere. E Thomson aspira infatti a distruggere per sempre il costume che è stato causa di una popolarità non meritata per le sue vere doti che vanno dimostrate su altro campo. Autore elegante ma molto disinvolto in chiave sperimentale, Inarritu ci regala un'opera fuori dalle sue abituali corde del racconto corale. Con un cast di attori che interagisce attorno al bravo protagonista: sui quali spicca ovviamente un imprevedibile Ed Norton in stato di grazia, carico di eccessi fra sincerità e inganno e enigmatici giochi di finzione.
Cinema Opera, Barletta - 5 Febbraio 2015 |