L'attesa vana per un ritorno che non ci sarà, di cui ne ha piena consapevolezza solo una delle due protagoniste della storia. Per l'altra invece l'attesa è accesa dalla speranza che questo ritorno si materializzi. Al centro del racconto, ambientato in una residenza di campagna poco distante da un paesino della Sicilia, si ritrovano due donne: Anna (Juliette Binoche) e Jeanne (Lou de Laage). La prima è sconvolta dal dolore per un lutto recente (quello che di fatto vanifica l'attesa del ritorno), la seconda ha raggiunto dalla Francia il suo fidanzato Giuseppe, figlio di Anna, per riappacificarsi. Jeanne tuttavia trova nella villa tanta accoglienza e disponibilità ma del suo ragazzo nessuna traccia. Si illude, ignorando quello che lo spettatore intuisce dalle prime battute, che i suoi messaggi lasciati nella segreteria telefonica di Giuseppe vengano da lui ascoltati e che sia semplicemente impossibilitato a rispondere o non he abbia alcuna voglia. Ma nessuno le dice niente, si percepisce anzi una strana atmosfera di incertezza. Jeanne tuttavia sembra aiutare la matura Anna a superare le sue crisi, accettando con soddisfazioni le sue creazioni in cucina e intrattenendosi in lunghe conversazioni personali. Due ragazzi raggiungono la villa per cena, la realtà circostanze pare illuminarsi in maniera effimera. Ma la verità non tarderà a manifestarsi con la minaccia di una nuova separazione.
Esordio significativo e intenso, questo di Piero Messina mette in evidenza un cinematografare insolito nella produzione recente, una forma di resistenza autoriale giocata sul campo aperto della creatività, dell'essenzialità e della misura. Benchè formalmente il film sia composto da silenzi, rumori di fondo ed un debole per il naturalismo caro a Franco Piavoli, lo sguardo del giovane autore, questo suo occhio nuovo posto in un punto d'osservazione particolare dei sentimenti, va oltre. E' un film che affronta il tema della solitudine e dell'abbandono nel momento più difficile: l'attesa e la speranza che entrambe le dolorose circostanze non si compiano. Unite dalla complicità e dalla comprensione, ma di fatto condizionate da un segreto da svelare, la madre e la fidanzata di suo figlio si ritrovano a darsi coraggio, a reagire al ricordo, a scacciare il rimorso. Questa delicata e incerta esperienza si realizza in un isolamento che si rivela essere figlio della libertà. Ricco di suggestioni (pregevole la fotografia di Francesco Di Giacomo, figlio d'arte) e con dialoghi di notevole intensità (il film si ispira al dramma pirandelliano "La vita che ti diedi"), è un film che non offre mediazioni: passione o indifferenza. Allievo di Sorrentino, Messina non sembra avere nessuna intenzione di applicare alla lettera le lezioni del suo maestro, evitando accuratamente di cadere nel peccato di impersonalità. Anzi, a parte i virtuosisimi dell'incipit, sembra proseguire con discrezione nel raccontare con la macchina da presa gli stati d'animo delle due protagoniste, avvolgendole, fino allo smarrimento, nella potente forza della natura circostante. Per cui sembra logica e inevitabile la scelta di Juliette Binoche protagonista (bravissima), madre ferita dal dolore e dal rimorso, che regala una prova esemplare. Alla fine il percorso emozionale fatto anche stavolta attraverso il mezzo cinematografico è appagante e lascia ben sperare. Il nostro cinema, in pratica, si rigenera.
Cinema Roma, Andria - 17 Settembre 2015 |