Commedia amara sulle ipocrisie e le illusioni della perfida aristocrazia, "Marguerite" costruisce il ritratto immaginario di una donna ricchissima, intrappolata nell'impossibilità di comprarsi la felicità. In questo grottesco ed impietoso personaggio modellato (pare) su qualche vita reale perduta nelle cronache lontane, si ritrovano più o meno tutti gli inganni sociali destinati a sfidare le epoche. Parte infatti con i ritmi leggeri di una pochade: la baronessa Marguerite Dumont (una eccellente Catherine Frot), che ha acquisito il titolo nobiliare dal marito che in dote ha portato ben poco si diletta nel canto lirico amatoriale nell'alta società parigina degli anni '20. Non osa calcare i palcoscenici ufficiali e presto ne capiamo il motivo. La donna è infatti incapace di azzeccare una nota. Stonata come una campana spacca i timpani fra gorgheggi e micidiali acuti mentre gli spettatori racimolati nei circoli musicali e nelle case private non hanno il coraggio di infierire su aspirazioni che sembrano essere pretese. La donna con le sue ricchezze è pertanto esposta a raggiri e prese in giro: a parte le raccolte fondi e le iniziative filantropiche dove la fa da padrona, si lascia convincere da due lestofanti a perfezionarsi con un maestro di canto. Le cose precipitano, anche perchè suo marito, rassegnato e disilluso, frequenta altri letti e non ha il coraggio di metterla davanti alla triste realtà. La baronessa continuerà ad inseguire il suo debutto: come gli dirà qualcuno: "ci sono due modi di vivere la vita: sognarla o realizzarla".

I fermenti culturali, le prospettive della belle epoque e i vizi privati e le pubbliche virtù dell'alta aristrocrazia francese fanno da sfondo a questo imbarazzante ma tenero caso umano sul quale i testimoni della storia si rincorrono fra pietà e cinismo. Marguerite è un'eroina indifesa che cerca di essere in un contesto impietoso dove conta apparire. Non si rende conto di essere incapace di cantare, anzi cade preda di approfittatori e avventurieri. Unica salvezza: un maggiordomo devoto e servizievole che cerca di assecondarla, tenendo vivo l'inganno. Xavier Giannoli, dopo il poco riuscito "Superstar" dirige uno spaccato sociale di ipocrisie, menzogne, divertente soltanto nella prima parte in cui delinea per sommi capi le fisime della baronessa infelice. Perfetta la ricostruzione (non solo storica) di un mondo spietato ed opportunista. L'autore si diverte a calcare la mano in questa pittoresca galleria di freaks (il maestro di canto sfaccendato che accetta sotto ricatto un compito impossibile) e a trattare il personaggio principale con cattiveria e compassione. Magistrale la lezione di Catherine Frot che alterna sfrontatezza e patetismo restando pur sempre coerente nella sua innocenza. Apparentemente spensierato e leggero, il film cela invece forti amarezze legate alle debolezze degli uomini. Ed un finale che è un pugno nello stomaco, più efficace di un acuto stridulo.

Cinema Piccolo, Santo Spirito - 18 Settembre 2015