Anima persa, apparentemente gioiosa ma sofferente nell'intimo, dolce ribelle, perla rarissima saltata fuori dal cuore arido del deserto di Port Arthur (Texas), Janis Joplin (1943-1970) fu, come dirà un testimone alla fine, "una delle prime donne a piantare la bandiera nel cuore del rock". Le cucirono addosso le ali del blues e volò troppo vicino al sole per poi schiantarsi una brutta e calda notte di ottobre di quarantacinque anni fa in una stanza d'albergo dove se ne andò per overdose di eroina. Si era avvicinata da poco al vivacissimo fermento musicale delle band: dopo primi anni spesi fra le insoddisfazioni del college e una mancata carriera universitaria ad Austin, volò a San Francisco dove entrò nelle grazie della BBHC di Dave Getz. La sua strepitosa voce roca, unica, inconfondibile, finì con il prevalere nelle sorti della band. Sono gli anni della favolosa tre giorni di Monterey (giugno 1967), primo vero raduno musicale hippie, che sarà il preludio al fenomeno planetario di Woodstock (agosto 1969). La musica rock americana trova una sua nuova regina e i dischi volano in vetta alla classifica. Anni di numerose apparizioni televisive, concerti dal vivo, il distacco inevitabile dalla BBHC e la brevissima carriera da solista. Il destino di Janis, segnato, come tutta la sua personalissima e inquieta tragedia legata ad un'anima solitaria, non per scelta, e l'assurdo riparo nella trappola irreversibile della tossicodipendenza.
La documentarista Amy Berg, percorrendo una meravigliosa raccolta di materiale di repertorio pregevole (non sempre agevolato, va sottolineato, da una buona definizione), realizza un ritratto affascinante e profondo che non mancherà di suggestionare anche i profani del rock. Il lavoro realizzato con cura maniacale si avvicina con appassionata discrezione all'anima controversa, candida ed indifesa di una bambina/donna cresciuta in fretta nell'ossessiva ricerca di libertà ed emancipazione, caduta per un gioco assurdo del destino nelle mani della dipendenza dalle droghe pesanti. I familiari rievocano le sue debolezze, la vulnerabilità nei confronti dei compagni cattivi, di cui fu spesso preda e vittima, e il sogno inseguito a lungo di ottenere la celebrità facendo stare meglio gli altri. L'unica ambizione di Janis Joplin, e questo si evince dalle sue dichiarazioni, fu quella di ottenere la compartecipazione del pubblico, dal quale si sentiva motivata e trascinata durante le sue memorabili esibizioni. Infelice nei rapporti sentimentali, fu madre mancata, e più volte si trovò faccia a faccia con la solitudine. "I need a man to love", "Summertime", "Piece of my heart" e "Little girl blue" sono alcuni dei pezzi che accarezzano l'anima dello spettatore in questo breve ma appagante viaggio in quella che fu una rivoluzione non solo musicale. Toccante, non privo di momenti delicatissimi che trasportano oltre i margini della biografia compiuta, "Janis" mostra un ritratto forte e appassionato di un'icona impetuosa ma allo stesso tempo discreta. E illustra il lato oscuro di un'anima in fondo afflitta e vinta dalla solitudine che, a distanza di un mezzo secolo non colmato da altrettanta presenza scenica e pregnanza vocale, assume sempre più il significato di un assurdo martirio.
Cinema Armenise, Bari - 8 Ottobre 2015 |