Lance Armstrong, il brillante e spavaldo ciclista americano che riuscì a vincere per sette anni consecutivi il tour de France (1999-2005), capitolò un brutto giorno di ottobre del 2013 in occasione di una intervista/confessione televisiva con Oprah Winfrey. Anni di dichiarazioni false, conferenze stampa manipolate a regola d'arte e un preciso piano industriale per lavorare sull'immagine di atleta pulito e vincente, già risorto da una battaglia senza uscita (nel '96 Armstrong riuscì a sconfiggere un cancro ai testicoli), vennero spazzate via da una fredda, inattesa e rigida ammissione di colpa. Già portata sullo schermo qualche anno fa dal documentarista Alex Gibney che per "The armstrong lie" seguì l'atleta nel corso della sua marcia trionfale, per poi ritrovarsi in occasione della squalifica per doping, un materiale sconfessato dalla imprevista ritrattazione del suo protagonista, la parabola antisportiva di un personaggio che ancora oggi fa discutere cronisti e tifosi, finisce (su commissione) nelle mani di Stephen Frears, autore formatosi con ben altri soggetti, versatile e curioso quando si cimenta nei territori tradizionali del biopic. Ne viene fuori un ritratto avvincente ed appassionante di un grande bugiardo, un attore prestato alla realtà che per anni riuscì a tenere il pallino dell'opinione pubblica con risolutezza ed un pizzico di arroganza. Il delirio di onnipotenza e l'ossessione agonistica per la vittoria a tutti i costi, anche barando, costrinsero Lance Armstrong, orfano di padre e originario del Texas, ad inventarsi qualcosa pur di entrare nell'immaginario collettivo. La popolarità arrivò intorno ai 25 anni quando, una volta riuscito a sconfiggere il suo male, Armstrong orientò la sua carriera sportiva e i benefici di uomo immagine a favore della ricerca sul cancro. Un alibi perfetto per distrarre l'opinione pubblica dai nebulosi e intricati percorsi del doping. L'amicizia discussa con il medico sportivo ferrarese Michele Ferrari (nel film interpretato con notevole verosimiglianza da Guillaume Canet), esperto e sofisticato sperimentatore di avveniristiche tecniche farmacologiche per arginare i controlli, che fu tirato in ballo sul finire degli anni '90 per la somministrazione di EPO per favorire le pesanti prestazioni atletiche. Armstrong fu uno degli atleti più controllati, ma passò gran parte della sua esistenza a contrastare le illazioni, spesso non provate, di alcuni cronisti sportivi (tipo David Walsh) che proprio non riuscivano a spiegarsi questa meccanicità e queste strabilianti prestazioni. L'errore commesso da Armstrong, in fondo, fu quello di non essere riuscito ad accontentarsi della gloria accumulata negli anni precenti: quel ritorno in gara nel 2009 in Francia fu l'inquietante segnale premonitore che le carte stavano per essere svelate.
Per chi ha avuto modo di apprezzare il bellissimo ed interessante "The armstrong lie", si tratta semplicemente di compendiare quelle imbarazzanti dichiarazioni in un contesto "fiction" realizzato con mestiere e dignità. Stephen Frears tuttavia non entra nel vivo dell'inquietante personaggio principale del suo racconto (affidato al bravo Ben Foster) e mantiene un distacco istintivo e naturale. "The program" finisce insomma per pagare una sorta di freddezza d'impianto, ma funziona nella parte che proprio mancava nel doc di Gibrey: il misterioso backstage delle corse ciclistiche e tutto quello che avveniva, in gran parte materia illegale, nella preparazione di quei grandi inganni che erano le corse ciclistiche. Avvincente e diretto il film di Frears spinge comunque lo spettatore ad approfondire questa triste e curiosa storia di ipocrisia e mistificazione legata al vero Lance Armstrong. Un uomo dai mille volti, enigmatico, sbriciolatosi davanti alla sua insaziabile smania di successo. Lascia tuttavia irrisolte le ferite aperte del doping, dello sport macchiato dalle regole perverse del business, dalla perenne sfiducia nei confronti di quello che ci viene mostrato. Non vi è conforto alcuno, insomma, nell'attendibilità del grande spettacolo. Nulla può essere con certezza come sembra, anche la realtà può apparire insomma come un lungo film del quale non si è mai in grado di stabilire il vero finale.
Uci Cinemas, Molfetta - 11 Ottobre 2015 |