Squadra che perde non si cambia. Deve stare molto a cuore al caro e tuttavia simpatico Pieraccioni ribaltare una regola stabile per continuare la sua discesa rapida nelle secche di un cinema pre-natalizio sempre poco convincente. Eppure, fra varie pellicole tirate via a bienni alternati, è passato un ventennio e nessuno sembra essersene accorto. Che dire allora? Come invecchia questo ex golden boy del botteghino cinematografico che furoreggiava alla fine degli anni Novanta? Ad essere buoni va rinosciuto in tutta franchezza uno smalto sbiadito e una formula ormai logorata da una triste perserveranza. Pieraccioni che in tempi passati condivideva la scena con simpatici compagni di avventura che gli reggevano il gioco, sembra tuttavia precipitato in un irreversibile delirio di onnipotenza. Lo ritroviamo in una sorta di esilio dorato, in una casa circondariale, dove è finito per un furto andato male, sulla bellissima Ventotene dove Virzì girò il suo riuscito "Ferie d'agosto". Qui nei panni del professor Umberto Massaciuccoli, il mattatore (si fa per dire) toscano, trascorre le sue giornate applicandosi nella rieducazione culturale dei suoi compagni di cella, interagendo con un direttore (Flavio Insinna) serio ma accomodante e con tante signore che inspiegabilmente lo insidiano. Il professore è però padre di una figlia adolescente, che si vergogna giustamente per la sua detenzione, e con la moglie sembra aver chiuso un legame. In una notte d'estate si invaghisce di Morgana (Laura Chiatti), bionda un pò matta, che gli cade fra le braccia. Ma il professore, che ha obbligo di rientro allo scoccar della mezzanotte, quando gli svela d'essere un detenuto, la manda in crisi. E qui la trama prende una piega, anzi più d'una che diventa difficile da raccontare...

Nulla di nuovo all'orizzonte, se non un'apertura verso una comicità politicamente scorretta di scherzosi insulti fisici di cui si fa vittima il brillante Davide Marotta, piccolo attore nel ruolo della sua vita. Scritto a sei mani, con la micidiale zampata del Veronesi che sembra non rinunciare al solito ritratto dell'uomo di mezza età, con la camicia di fuori, afflitto dalla sindrome di Peter Pan, in questo assaggio di cinepanettone si parla anche silenziosamente dei papà in crisi per le bizze adolescenziali della figlia femmina. Ma è un particolare che sfugge in sede di sceneggiatura, visto che Pieraccioni ritrova i suoi compagni di zingarate e con il Ceccherini fa una virata verso la commedia dell'assurdo. Punte di noia, qualche indigesta stupidaggine, uno squallore inquadrato in una allegra cornice di fiore appassiti. E adesso due anni di meditazione, poi tanto ci si ritrova qui per le feste.

Cinema Impero, Trani - 8 Dicembre 2015