Quentin Tarantino ha il brutto vizio di raccomandare. E’ una convenzione che rientra nelle strategie dei distributori per dare una spinta a pellicole di registi sconosciuti per scongiurare il rischio dell’anonimato. Pertanto in veste di supervisore Quentin Tarantino presenta… E non è la prima volta che accade (quest‘anno ci hanno provato già con “Hostel“). Tuttavia spesso questo espediente nasconde insidie inevitabili; chi entra in sala si illude che ci sia sotto lo zampino del proprio idolo ma quasi sempre il tocco da maestro latita e del famoso autore non c’è nemmeno l’ombra.
Tuttavia mi sembra di un’audacia sproporzionata quasi quanto l’insolenza di Wayne Kramer pretendere di distribuire un film come “Running” in occasione delle uscite pasquali. Violento fino all’inverosimile, zeppo di incongruenze, vuoti di sceneggiatura e banalità dilettantesche il film è un thriller a metà strada fra “Fuori orario” e “Tutto in una notte”. Sconsigliato a quanti entrano in sala per rilassarsi o seguire il classico filo logico, perché in questo caso si cerca sempre e solo (a vuoto) l’effetto sorpresa.
Paul Walker (“Fast and furious”) è un luogotenente di una banda mafiosa che dopo una sanguinosa sparatoria avvenuta all’interno di un appartamento dove alcuni poliziotti corrotti ci hanno rimesso le penne viene affidato il compito di far sparire il “corpo del reato”.
Ed invece la vistosa rivoltella ricercata dalla scientifica finisce per una serie di casualità nelle mani del bambino vicino di casa che la utilizza per accoppare il patrigno (!).
Inizia una caccia all’uomo a banda larga (anche i mafiosi e i poliziotti sono sulle tracce dell’arma) che si protrae per ben due ore. L’Oliver Twist della situazione fra una disavventura e l’altra finirà anche nella tana di una coppia di genitori pedofili (la conferma che l’America convive con le sue paure e non se ne vergogna) ma giustizia sarà fatta.
Ovviamente dopo che il pallottoliere dei morti ammazzati sarà arrivato a quota quaranta.
Benchè la ricerca di meriti artistici non dia buoni frutti e che il film confermi la regola che un film come questo lo può girare anche un adolescente perché vi si respira una filosofia da playstation, non è male se davvero si hanno due ore da perdere…
Munirsi però di analgesici o di pillole per il mal di testa. Frastornante ci sembra tuttavia, più del rumore dei diecimila proiettili sparati, il turpiloquio gratuito con la quale il regista ha pensato bene di dilatare oltremodo i dialoghi da fumetti. Il Monnezza arrossirebbe. L’aggravante in questo caso è che le parolacce sono scandite in un onesto doppiaggio italiano. Si perde in pratica la leggerezza del folclore. E ci scappa lo sbadiglio.

Cinestar, Ferrara - Aprile 2006 (Barisera)