Si infastidiscono, storcono il naso quando ad un giovane regista italiano viene messo a disposizione da una produzione straniera un budget consistente per il suo debutto sul grande schermo. Giacomo Martelli, esordiente a soli trent’anni ha dovuto subire comunque il tiro a bersaglio del fuoco nemico che non gli ha perdonato, forse, il sacrificio della sana ispirazione europea per quella più convenzionale e pratica americana con tutti gli annessi e connessi: scarsa attendibilità narrativa, dispendio di effetti speciali, molta più cura per il fumo che per l’arrosto.
Riservarono analogo trattamento (però ebbero ragione) quando Cinzia Torrini con i capitali americani vent’anni fa ebbe l’ardire di riunire John Savage, Robert Duvall e Massimo Troisi in un’ambiziosa coproduzione che naufragò sotto gli occhi di tutti. E’ una trappola cinematografica ben collaudata: ci si inebria difronte alla possibilità di fare le cose in grande, poi però accade l’esatto contrario. Ma errare è umano e spesso anche bello.
Se di malcelata invidia si tratta (con questi soldi probabilmente Muccino e i suoi fratelli ci farebbero tre film), ci conviene tuttavia prenderla con le pinze. Perché schierandosi contro tanta buona volontà si rischia il paradosso fiabesco della volpe e l’uva. Meglio restare con i piedi per terra e notare che il taglio che Martelli dà al suo film non è poi tanto differente dalle fiction da prima serata. Quindi poco importa, probabilmente anche se in salita l’autore è nella piena consapevolezza che dovrà comunque farne di strada…
E’ interessante nonché inedito il tema che il film in questione si propone di affrontare. Lo scandalo Echelon e la violazione della privacy con tutte le limitazioni alla libertà individuale che ha comportato. Certo in un contesto dove si fa a gara per vincere le selezioni del “Grande fratello” sembra inadeguato preoccuparsi delle telecamere o delle cimici che a nostra insaputa ci scrutano e ci ascoltano, anzi è un onore essere dati in pasto alla platea. Però l’America fa i conti anche con questo timore e col rischio che si corre se la vendita delle informazioni riservate diventasse la nuova frontiera dei soldi facili. Tornando al racconto di fantasia che è l’essenza di “The listening” diremmo che la vicenda ruota intorno ad una azienda britannica che ha brevettato un sistema per intercettare in ogni angolo della terra quello che accade all’interno delle abitazioni servendosi appunto della tecnologia facente capo all‘Echelon: un sistema di difesa nato con la scusa di prevenire organizzazioni terroristiche ma che in effetti ascolta e analizza minuziosamente il contenuto di tutte le nostre comunicazioni. Basta selezionare il recapito della nostra vittima e ci sarà dato di sapere tutto di lui senza che se ne accorga. Capita però che in Italia la povera e sfortunata Maya Sansa si ritrova suo malgrado in possesso di una valigetta smarrita con all’interno il kit top-secret appartenente alla suddetta industria. Apriti cielo. Accusata ingiustamente di spionaggio industriale la poverina rischia addirittura di rimetterci le penne. Ed è qui che il film anziché impennarsi si inabissa. In suo aiuto arriva proprio un anziano tecnico ribelle (l’ottimo Michael Parks tanto caro a Quentin Tarantino) che si dedica anima e corpo alla nobile causa. I cattivi dell’Echelon saranno combattuti con le loro stesse armi e qualcuno dovrà purtroppo sacrificarsi…
La mistura di generi strangola il film e ne determina il risultato anonimo e incerto. Meglio sarebbe stato evitare un affrettato taglio televisivo (per il piccolo schermo è un film- tv ideale) per un più meditativo trattamento hitchcockiano. Però se non si hanno esigenze particolari il film può anche divertire e scorrere piacevolmente. In fin dei conti è come dedicarsi ad un argomento nuovo per non parlare sempre delle stesse cose. L’effettiva esistenza di tecnologie che mettono a repentaglio la nostra libertà meritano almeno una dignitosa (anche se flebile) documentazione. Se non si hanno velleità documentaristiche (in questo caso munirsi altrove di materiale attendibile) ci si accontenta. E quando si torna a casa forse per una buona volta il cellulare finisce sul serio in cantina. Non si sa mai.
Cinema Elia, Corato - Aprile 2006 (Barisera)
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