Un film carino, come si usa dire per coprirne i limiti, ma con la stessa solubilità di un cucchiaino di caffè in una brocca d’acqua: alla fine svaniscono colore e sapore. In effetti è questo il prezzo che paga la “pochade”, la classica commedia degli equivoci francese, quando deve confrontarsi con un cinema leggero, come quello nostrano, che ha tempi e contenuti completamente diversi e deve quindi far fatica per trovare il suo pubblico (ma in primavera ci si mettono poi le belle serate a svuotare le sale). La nostra è una comicità che fa leva più sulle situazioni (chiamiamoli sketch) che sui dialoghi; per questo quando il film proprio non va gira a vuoto su se stesso e diventa monotono. Francis Veber, storico e glorioso ideatore de “Il vizietto” ha insistito in tutti i modi ma non è riuscito mai ad eguagliare “La cena dei cretini”, il suo film più fortunato nonché l’unico in Italia ad aver avuto pure una trasposizione teatrale. In questo caso si propone il compito non facile di trasformare il bravissimo Daniel Auteuil (altre volte ci aveva provato) in un attore brillante con risultati fiacchi ed apatici. In fondo questa storiella rischia di arenarsi nella trappola del già visto perché proprio nei primi anni Ottanta quando la commedia all’italiana pescava nel mare dei testi di Georges Feydeau qualcun altro ebbe la stessa ispirazione.
La storia dell’uomo in vista che deve destreggiarsi fra moglie e amante e pensa di inventarsi un menage di copertura era già finita sui taccuini di due mitici sceneggiatori italiani: Alberto Silvestri e Francesco Milizia. Solo che al posto di Daniel Auteuil c’era Lino Banfi, in quelli della top model la bellissima Janet Agren e il dongiovanni su commissione era nientemeno che Alvaro Vitali. Sissignore bisogna fare un salto di venticinque anni e andarsi a rivedere “L’onorevole con l’amante sotto il letto” di Mariano Laurenti (in tv sarà passato mille volte): la storia è identica. Ovviamente se vogliamo sfoggiare abiti più eleganti, calarci nelle situazioni alla “Pretty woman”, studiare le lussuose abitudini del jet-set parigino, questa è una grande ed impagabile occasione. E all’ombra della Tour Eiffel c’è una fauna che vivacchia in barba alla crisi fra Ferrari, Porsche e ostriche e champagne pasteggiate nei bistrot.
Ancora una volta il timido e bruttarello Pignon (Gad Elmaleh), innamorato infelice e sfigato, si ritrova dalle stelle alle stalle per volere di un miliardario con due piedi in una scarpa. Costui infatti beccato dalla cronaca scandalistica accanto ad una top model con la quale da anni ha una relazione e per evitare un divorzio che lo ridurrebbe al lastrico pensa bene di ingaggiare Pignon chiedendogli di fingersi il fidanzato della ragazza. E’ la porta che si spalanca davanti ad una serie di equivoci, trovate più o meno felici: la ricca moglie (Kristin Scott Thomas) che non è affatto stupida sta al gioco e fra una sfilata di Chanel e l’altra dimostra di saperne una piu’ del diavolo. E il ricco adultero non avrà più scampo. Il film ha una buona partenza (notevole la gag del dottore che viene curato dai suoi stessi pazienti) ma poi rallenta. Auteuil dimostra tanta buona volontà ma è come pretendere da un giocatore di golf che faccia una tripletta, pallone al piede in una finalissima. Più convincenti il suo antagonista Gad Elmaleh e le due divinità che se lo contendono mentre tutti si chiedono perché lo facciano: la bionda Alice Taglioni e la bruna Virginie Ledoyen. Indossano più che altro. Recitare è una parola grossa che in fondo serve a poco. Però lo fanno con autoironia ed eleganza. La perfidia e l’alterigia delle donne che non devono chiedere mai cede il passo alla loro semplicità e simpatia. Quasi sicuramente queste due fra qualche film diventeranno attrici vere. Francis Veber ci riproverà, ne siamo certi. La prossima volta però prendesse meglio la mira.
Supercinema, Trani - Maggio 2006 (Barisera)
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