Una telefonata allunga la vita, salvo particolari eccezioni. Questa “chiamata da uno sconosciuto” guarda caso è l’eccezione esemplare. Se ti trovi in un mega chalet isolato nel cuore di un bosco insidiosissimo con il compito di doverci trascorrere una lunga serata lavorativa, probabilmente il telefono è l’unico mezzo a tua disposizione per sentirti meno solo. Ma se chi ti chiama insistentemente lo fa per metterti addosso la paura e vuol giocare al gatto e al topo, scopri di avere i minuti contati e devi necessariamente passare all’azione, altrimenti ci rimetti la pelle.
A distanza di circa trent’anni ci viene riproposto (visto che ormai il remake è di moda) uno dei thriller più angoscianti degli anni ‘70, laddove il disturbo della quiete pubblica in teleselezione fece scoprire a molti il fascino della claustrofobia nella sala cinematografica (e, dopo, la paura dei rumori di casa). Ci riferiamo a “Quando chiama uno sconosciuto” diretto nel 1979 da Fred Walton, capostipite dei film horror di situazione (vale a dire quelli realizzati sulla base di circostanze veritiere e non di fantasia), che è stato in pratica l’ispiratore delle celebri parodie della serie “Scary movie” (dove il serial killer aveva il vizietto di telefonare alle sue vittime).
Certo oggi l’idea fa un po’ sorridere perché con i passi da gigante fatti dalla telefonia i mitici e micidiali scherzi anonimi rappresentano una vecchia e lontana abitudine; però non è mica detto che ci si debba per forza annoiare o mordersi le mani per aver toppato nella scelta del film.
A Simon West (“Con air” e “Tomb Raider” nel curriculum), validissimo intrattenitore, vanno attribuiti a riguardo due meriti innegabili: la capacità di sfuggire alle trappole del già visto perché ormai di storie simili a questa ne circolano a frotte anche in una sola stagione (cito solo "The call"), e l’aver trovato una protagonista davvero in gamba (Camille Belle) che si ritrova a portare avanti da sola per un’ora abbondante l’intera vicenda. Tutta l’azione si svolge all’interno di una lussuosa abitazione isolata dove la poverina deve vedersela con rumori sospetti, gente che appare e scompare misteriosamente e soprattutto l’odiosa suoneria di un cordless che trilla più di un call-center all’ora di punta.
La ragazza infatti si sta guadagnando un’onesto stipendio svolgendo le mansioni di babysitter mentre qualcuno là fuori la osserva e la disturba chiamandola in continuazione minacciando di volersi bagnare col suo sangue (!). Lo chalet si trasforma in un inferno blindato (mica tanto, però) e il gioco al massacro raggiunge il suo apice quando la povera vittima scopre che il maniaco non sta telefonando dall’esterno ma si trova addirittura sotto il suo stesso tetto. Un vero peccato aggiungere altro, in fondo perché raccontare quando si può tranquillamente tastare con mano…
Le sale si svuotano ma la stagione prosegue. Se fossimo altrove diremmo che “Chiamata da uno sconosciuto” è un perfetto film da drive-in; azzeccassimo per le serate all’aperto, magari da condividere con amici buontemponi per diluire la tachicardia ed esorcizzare la paura. Penalizzato non poco dai saldi di fine stagione che si realizzano spesso nel disinteresse per il grande schermo. In più di una circostanza si ripete il classico rituale di una mano davanti agli occhi e l’altra sul cuore che batte a mille. Questo vuol dire che il suo principio attivo va a segno. Se ci si accontenta è superfluo, soprattutto quando ci si ritrova davanti a film funzionali, pretendere di più.
Cinestar, Andria - Luglio 2006 (Barisera) |